Processo per i 4 ragazzi che a Sangineto uccisero il cane di nome Angelo

Il processo si terrà il 24 aprile presso il tribunale cittadino di Paola.

Una storia come questa non vorremmo mai doverla raccontare. Il 25 giugno 2016 a Sangineto, provincia di Cosenza, quattro ragazzi presero a palate, impiccarono e uccisero un cane randagio bianco che venne poi chiamato Angelo. Non paghi di aver compiuto questo gesto efferato, i giovani avevano pensato bene di filmarsi e pubblicare online il video. Subito era insorta l’indignazione del web, tanto che la Procura aprì un’indagine sul caso, sostenuta anche da diverse associazioni animaliste.

Le Iene fecero un servizio portando ulteriormente alla ribalta questo caso, mentre su Facebook venne creata la pagina L’urlo di Angelo. Ma una delle tante cose drammatiche di questo caso, oltre al gesto e all’autocelebrazione dei ragazzi, fu che inizialmente il paese stesso si preoccupò non tanto che fra i suoi abitanti ci fossero persone capaci di un gesto simile, ma che tutto quel caos mediatico fosse successo per un semplice cane.

Il cane Angelo, barbaramente ucciso a Sangineto

Il cane Angelo, barbaramente ucciso a Sangineto

Probabilmente, rendendosi conto di cosa avessero detto, la settimana successiva cercarono di ritrattare, dicendo che il paese amava gli animali e che erano stressati dall’assedio dei giornalisti, dissociandosi poi dal gesto dei ragazzi. Anche le dichiarazioni dei giovani furono poi contrastanti: uno sosteneva di averlo ucciso perché lo aveva riconosciuto come il cane che aveva aggredito le sue pecore, un altro che il cane era da poco tempo in paese e che lo avevano pure nutrito.

Lo stesso avvocato dei ragazzi di Sangineto, pur dovendo per ufficio trovare un sistema per difenderli, condannò sin da subito il gesto fatto.

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Adesso da poco si è venuti a sapere che il 27 aprile inizierà il processo contro i ragazzi: tale processo si terrà presso il tribunale cittadino di Paola. Vedremo se per una volta in Italia si riuscirà a punire chi ha compiuto un tale gesto senza cercare scuse a oltranza per difendere gli aggressori. Anche perché scuse non ce ne sono: esiste un video realizzato da loro stessi che dimostra l’estrema crudeltà del fatto, non possono esistere giustificazioni. Chi ha sbagliato, per una volta paghi. Il giusto.

Foto: Facebook