Sotto il casco con Eleonora Ricca

La nuova rivoluzione industriale si chiama digital fabrication: la fondatrice di Vectorealism ci racconta cosa può fare la stampa in 3D

Eleonora Ricca, fondatrice di Vectorealism
Eleonora Ricca, fondatrice di Vectorealism

Stiamo assistendo negli ultimi anni ad una rivoluzione chiamata “Digital Fabrication” (o semplicemente “Fabbing”), quel processo che consente di produrre oggetti solidi a partire da un design digitale. Come?! Grazie a tagliatrici laser e frese a controllo numerico che permettono la stampa in 3D, attraverso la quale si può materializzare qualsiasi forma.

Se la tecnologia del taglio laser esiste già da diversi anni, l’innovazione introdotta da Vectorealism è stata quella di portare questo tipo di servizio online: pochi click per inviare il proprio progetto richiedendone la messa in produzione. Con un notevole risparmio sui costi.

Le possibili applicazioni vanno da zero a infinito: oggi con Internet possiamo andare oltre il modello dei mass media e tutti possono diventare designer, come ci racconta Eleonora Ricca, fondatrice di Vectorealism, che gestisce insieme ai due soci Marco Bocola e Costantino Buongiorno.

"Winerack", portabottiglie, design by madebydan
"Winerack", portabottiglie, design by madebydan

Cominciamo dall’abc. Che cos’è un “fablab” e che cos’è WeFab?

Un “fablab” è un laboratorio aperto attrezzato con macchinari in grado di produrre… pressoché qualunque cosa.
WeFab è una serie di eventi, iniziative e attività che stiamo portando avanti da un anno per promuovere la maker culture a Milano. Siamo convinti infatti che questo movimento non si esaurisca soltanto nell’attrezzare e rendere pubblico un laboratorio fablab, ma che l’idea di maker abbia un senso più esteso, che coinvolge anche il design, la moda e in generale qualunque processo creativo.

"Cartoclock", orologi in cartone ondulato tagliato al laser, limited edition Milano Design Week 2011, design di Studio double-ei
"Cartoclock", orologi in cartone ondulato tagliato al laser, limited edition Milano Design Week 2011, design di Studio double-ei

Chi sono i makers secondo te?

L’idea di maker è sicuramente trasversale. La categoria racchiude diversi tipi di creativo: dal designer all’inventore puro, all’hardware hacker. In generale, credo che la cosa che accomuna tutti i maker sia la passione per fare qualcosa di tangibile. Che sia per hobby o per professione non importa. È un’attitudine.

Com’è iniziata l’avventura di Vectorealism?

Beh… Per due anni sono riuscita a tenere segreta la storia della mia vincita a “L’eredità”, ma poi raccontandola ad alcuni amici ci siamo accorti di quanto in effetti fosse un aneddoto buffo e così ho iniziato anche io a non vergognarmene più. A parte questo strano canale di funding, l’avventura è iniziata in realtà da una profonda insoddisfazione, sia mia sia di Marco (Bocola, ndr), nei confronti dei paradossi creati dall’economia della conoscenza “pura”, completamente slegata dal tangibile: il motto “make things not slides” ha per noi un valore molto più profondo di quanto si creda.

Ventagli in acrilico tagliato al laser e tessuto, design di Cadò
Ventagli in acrilico tagliato al laser e tessuto, design di Cadò

Come funziona Vectorealism? Bisogna essere designer per produrre oggetti?

Decisamente no: noi diamo la possibilità a chiunque di produrre qualcosa. Ovviamente produrre oggetti complessi richiede conoscenze di disegno e progettazione, ma chi è all’inizio può comunque cimentarsi con forme semplici e iniziare a produrre dopo poche ore.

"Origami", sciarpa in feltro, design di Lara Di Ferdinando
"Origami", sciarpa in feltro, design di Lara Di Ferdinando

Attraverso la collaborazione con Ponoko avete sviluppato un sistema che permette di conoscere tempo e costi della produzione di qualsiasi oggetto in 3D. Che tipo di utente si rivolge a voi?

Oltre al singolo appassionato, hobbista o maker, produciamo anche per designer e studi di architettura, artisti, stilisti di accessori.

Quali materiali deve fornirvi per avere la stampa del suo design?

I materiali li forniamo noi! Ne abbiamo più di 50 in catalogo (qui lo shop, ndr), e continuiamo ad aggiungerne di nuovi. L’utente deve fornire solo la sua creatività… e un file vettoriale.

"Zet", lampada da tavolo ricavata da un foglio di compensato di pioppo, design di zpstudio
"Zet", lampada da tavolo ricavata da un foglio di compensato di pioppo, design di zpstudio

Che tipo di progetti può produrre la vostra stampante?

È molto semplice e immediato produrre oggetti bidimensionali: non per questo però si tratta di oggetti “piatti” nel senso più ampio del termine. Chi ha buone capacità e idee riesce a creare oggetti molto belli e grafici, giocando con le linee.
Partendo dalle lastre piatte si possono creare oggetti tridimensionali anche senza ricorrere a colle o minuteria metallica: basta prendere un po’ di dimestichezza con gli incastri. In questo caso gli oggetti diventano funzionali, ed entra in gioco la vera progettazione.
Poi si possono combinare materiali diversi, o addirittura modificare le caratteristiche proprie di un materiale giocando con i tagli e le incisioni, per esempio rendere curvabili materiali rigidi.
Dai ciondoli fino alle lampade e agli scaffali… si può fare di tutto!

Via libera all’immaginazione, quindi. C’è qualche oggetto in particolare che avete realizzato e che ti è rimasto nel cuore?

Difficile sceglierne uno! In particolare mi riempie di gioia quando i clienti ci ricontattano per raccontarci i loro successi e ci mostrano il risultato finale.

"Grace Grass", serra idroponica da scrivania in acrylic, design di Studio Griffa
"Grace Grass", serra idroponica da scrivania in acrylic, design di Studio Griffa

Sei d’accordo anche tu con ciò che ha detto Chris Anderson a World Wide Rome e cioè che l’Italia parte avvantaggiata per la sua tradizione di design? Il nostro Paese ti sembra un ambiente fertile per la creatività indipendente oggi?

Sì certo, ma bisogna fare attenzione a non guardare al passato pensando che si possa ripetere ed emulare l’epoca di “fortuna e gloria” del design italiano. Le cose sono cambiate molto in fretta negli ultimi trent’anni.
Per esempio, personalmente penso che negli ultimi anni molti percorsi di studi abbiano tralasciato la matericità del design, il contatto con la materia e l’oggetto fisico. Il buon
design, quello che ha reso l’Italia famosa nel mondo e su cui ancora il nostro Paese vive di rendita, era basato tra le altre cose su forti legami con la catena produttiva. Le forme non nascevano per puro vezzo estetico, la scelta dei materiali non avveniva per puro caso, ma il tutto scaturiva dai limiti imposti dalle tecnologie di produzione e dal mercato.
Per questo credo che in generale il discorso di Chris Anderson sia valido: sarebbe una gran cosa per esempio valorizzare diversamente i corsi di Educazione Tecnica delle scuole medie.
Detto questo, purtroppo penso che l’Italia non sia tra gli ambienti più fertili per un nuovo design indipendente: il sistema è troppo chiuso ed istituzionalizzato.

Vi siete da poco trasferiti nell’ex Magazzino Generale (Ma.Ge) Falck, a Sesto San Giovanni. Che sensazione si ha a lavorare in luogo dove si è fatta la storia dell’industria italiana?

Adesso sì che possiamo parlare di Personal Factory!