Still Alice: la lotta di Julianne Moore contro l’Alzheimer

Dal 22 gennaio l'Alzheimer raccontato da Wash Westmoreland e Richard Glatzer: dopo il Gonden Globe, la corsa verso l'Oscar

Locandina di "Still Alice" - immagine da movieplayer.it
Locandina di "Still Alice" – immagine da movieplayer.it

Alzheimer: malattia degenerativa del cervello, subdola, progressiva, irreversibile e devastante, che comporta una diminuzione delle capacità intellettive, comportamentali, modificazioni della personalità e disturbi psichiatrici.

Questo è molto in sintesi una definizione di una delle malattie più devastanti dei nostri tempi. Essere affetti di Alzheimer vuol dire perdere poco a poco il contatto con la realtà, la propria vita e sé stessi.

È quello che succede a Alice, la protagonista del film Still Alice (dal 22 gennaio al cinema), il film tratto dal libro omonimo di Lisa Genova, già vincitore di un Golden Globe per l’impeccabile interpretazione di Julianne Moore e candidato ai prossimi Oscar sempre nella categoria “Miglior attrice protagonista”.

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
Foto si scena "Still Alice" – foto da movieplayer.it

Il film non racconta il decorso di una malattia, ma la lotta di questa donna alla soglia dei cinquant’anni, professionalmente realizzata, moglie e madre felice contro una diagnosi di Alzheimer precoce che le sta portando via giorno dopo giorno il controllo sulla sua vita. Alice combatte quotidianamente contro una malattia per cui non esiste cura, cercando di salvare quanto più è possibile di quella donna che ha tanto faticato a costruire per tutta la sua vita.

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
Foto si scena "Still Alice" – foto da movieplayer.it

La malattia, fisica o mentale che sia, è un territorio pericoloso da portare sul grande schermo, è una condizione umana che porta con sé sentimenti che spesso e volentieri scadono nel patetismo e nella compassione, in Still Alice completamente inesistenti.

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
Foto si scena "Still Alice" – foto da movieplayer.it

Il merito va innanzitutto ai due registi Richard Glatzer e Wash Westmoreland, che sono riusciti a realizzare un film dove non c’è spazio per nessuna forma di esibizionismo o di tragicità gratuita, ma si racconta il dolore muto dell’Alzheimer, argomentandolo, spiegandolo attraverso il percorso emotivo e psicologico della protagonista, che non appare mai cedevole, mai vittima.

Per quanto non ci siano risposte razionali che giustifichino una malattia che non dà speranze di guarigione, esistono storie che hanno un potere quasi terapeutico, Still Alice è di certo una di quelle.

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
Foto si scena "Still Alice" – foto da movieplayer.it

Probabilmente le vicende personali dei due registi hanno avuto un certo peso nella realizzazione del film. Come ha raccontato lo stesso Wash Westmoreland, quando è stato proposto loro di realizzare il film a Richard gli era stata diagnosticata da poco la SLA. Avevano trascorso parecchio tempo nei mesi successivi a cercare di gestire le ripercussioni di questa cosa, sia da un punto di vista medico che emozionale e leggendo i primi capitoli del libro, trovavamo delle similarità che gli erano familiari in maniera inquietante: il crescente senso di terrore che accompagnò la diagnosi e la sensazione di avere le ali tarpate proprio nel momento in cui la vita aveva acquisito la sua totale pienezza.

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
Foto si scena "Still Alice" – foto da movieplayer.it

Sapere di cosa si sta parlando rende vero e credibile quello che si vuole trasmettere e se poi viene affidato alle capacità recitative di un’attrice intima e intensa come Julianne Moore l’obiettivo è raggiunto: Still Alice non poteva capitare in mani migliori!!

Foto si scena "Still Alice" - foto da movieplayer.it
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