Arthur, il cane che chiese di essere salvato

Non sapeva dove morire Arthur

Ann si alza molto presto al mattino, prima di andare a lavorare sistema qualche faccenda in casa, quel giorno, il silenzio complice, sente qualche strano rumore provenire dalla cantina. La donna crede che la causa sia una finestrella aperta, magari il vento fa muovere qualcosa e crea quel fastidioso

rumore. Quando Ann scende giù e apre la porta non crede ai suoi occhi, un cane, o meglio, quello che ne rimaneva era in piedi, barcollava sbattendo un po qua e un po là. Era di un magro assurdo, mai viste le costole così, le ossa delle anche uscivano dalla pelle. Ann ha pena nel suo cuore per quella creatura, lei è buona con tutti, compresi gli animali. Chiama il marito e lo avverte di portare i bambini a scuola perché lei deve andare di corsa in clinica. Il cane non arriverà in clinica cosciente, occhi sgranati e zampe tese, il cane era collassato. L’ingresso in clinica fu accompagnato solo da pianti, Ann posò quel povero corpo sul tavolo chiedendo perché. Arthur si svegliò due giorni dopo, la situazione era grave, settimane senza e acqua, nessuno ha avuto pietà di lui. Paasò del tempo Ann e il marito continuarono ad occuparsi di lui fino a quando finalmente lo riportarono a casa con loro. Arthur, così si chiama, quel giorno entrò in quel garage in cerca di un nascondiglio per potersi addormentare per sempre, era stanco di soffrire. Buona vita