Donne, startup a tutto tech e fashion design: a Roma si può
Intervista a Roberta Alessandrini, Founder e CBDO di Filo s.r.l.
L’azienda si chiama Filo s.r.l. ed è una startup che ha ideato quel qualcosa che dal momento in cui lo hai ti cambia la vita: un piccolo quadratino dal design accattivante che magicamente ti trova gli oggetti dispersi. Sì, proprio così. Gli oggetti che non trovi.
A chi non capita quotidianamente (anche più volte al giorno…) di perdersi le chiavi, il portafogli, il lettore Mp3, il libro che stiamo leggendo… il gatto (sì esatto anche il gatto)?! Capita a tutti.
Ecco, immaginate che da oggi in poi non avrete più questo problema.
Filo è un dispositivo con tecnologia bluetooth che aiuta a tenere sotto controllo gli oggetti personali più importanti. Il funzionamento è semplice: basta attaccarlo alle cose che non vogliamo perderci, scaricare l’App proprietaria, e controllare tramite quest’ultima dov’è l’oggetto che stai cercando, facendolo anche suonare se necessario.
Quattro i fondatori del progetto che nel 2014 ha preso parte al programma di accelerazione di Luiss EnLabs ricevendo un finanziamento pari a 500mila euro da parte di LVenture Group e altri investitori privati.
Il luogo è la magica città capitolina, Roma, che sembra esser diventata la Silicon Valley italiana: Filo s.r.l. infatti si trova all’interno di PiCampus, l’oasi romana delle startup immersa nel meraviglioso contesto verde del quartiere Eur. L'”Isola felice” come la chiama il suo fondatore Marco Trombetti. Pi Campus è un distretto di startup e fondo di venture capital che investe in talenti (il cui fondo è di 5 milioni di euro di cui 1 milione destinato a startup co-fondate da designer).
La donna che vi presentiamo oggi invece è una delle fondatrici di questo progetto innovativo e di successo. Classe ’90, un curriculum da invidia che spazia tra l’interior design, la moda e la comunicazione e il marketing: Roberta Alessandrini.
Roberta Alessandrini, Founder e CBDO di Filo s.r.l. Se dovessi spiegare a un bambino il tuo ruolo, cosa gli diresti?
A un bambino racconterei che un bel giorno di due anni e mezzo fa, su un campo da rugby, ho conosciuto dei ragazzi molto in gamba. Ognuno era bravissimo a fare una cosa e abbiamo deciso di diventare una squadra. Non era una squadra di rugby, volevamo risolvere insieme un problema e ce n’è venuto in mente uno enorme: quanto tempo perdiamo a trovare le chiavi, il portafoglio o il telefono? Così abbiamo inventato Filo, un dispositivo che ti aiuta a ritrovare le cose, perché lo puoi far suonare dal telefono, con un’app. Oggi il mio ruolo, CBDO, sembra l’acronimo di un burger gigante, ma cerco semplicemente di trovare nuovi clienti per Filo.
In questo periodo in particolare, propongo alle aziende l’acquisto di Filo come regalo di Natale, con il loro logo stampato.
Sei una donna giovane a capo di un importante progetto. Cosa consiglieresti a una ragazza che vuole intraprendere un percorso simile al tuo?
Prima di fondare Filo insegnavo Visual Merchandising e Retail in alcune scuole di design private. Una volta, ad un esame, ho proposto di rispondere ad una domanda extra, facoltativa, da estrarre a sorte. Questa domanda sarebbe stata utile per recuperare 10 punti extra, ma, se la risposta fosse stata sbagliata, avrebbe comportato 5 punti in meno nel voto finale. Nessuna alunna ha scelto di rischiare, e io ho tolto 5 punti a tutta la classe. Non solo mi avevano dimostrato passivamente di non essere preparate, ma volevo si ricordassero che non sarebbero andate molto lontano, nel loro futuro, se non avessero rischiato responsabilmente. Questo è il primo. Il secondo è intuire le proprie forze e trasformarle in leve per eccellere e fare la differenza in qualcosa che naturalmente ci torna facile. L’ultimo è non smettere mai di inseguire i propri sogni, anche se non sembrano delle navi sicure.
Definisci il tuo stile di leadership con tre parole e spiegaci se il fatto di essere donna lo influenza.
Sicuramente ho ancora molto da imparare su questo versante. Credo che il fatto di essere donna possa aiutare in termini di assertività, ma penso che oggi la grande leva della leadership sia coinvolgere chi lavora con me in maniera attiva, facendolo sentire parte del progetto a 360°. Trovo discutibile l’approccio alla crescita aziendale di diverse teorie startuppare, che è estremamente verticale. Ritengo invece che avere una visione laterale su ogni progetto gestito aiuti ad avere uno sguardo al futuro ed un approccio sempre creativo. Del resto i miei colleghi preferiti sono i più poliedrici.
Parliamo di Filo. Da dove nasce il nome? Come e quando hai capito che poteva diventare un progetto di successo?
Filo nasce da “Find & Locate”. La nostra idea era dare una parola alle cose, approcciare l’”Internet of things” con un Bluetooth tracker, un dispositivo utile e facile da usare. Abbiamo vinto un riconoscimento ad “Innovaction Lab”, il training per startupper che ci ha fatto conoscere, e poco dopo LVG, importante Capital Venture, ci ha proposto un investimento e l’incubazione in Luiss Enlabs. Qui abbiamo intuito che il gioco si stava trasformando in una vera sfida. Io all’epoca avevo un lavoro stabile e ho potuto lasciarlo solo dopo alcuni mesi, ma ogni sera e ogni notte cercavo di dare il mio contributo a Filo. Mi sono licenziata felicemente, perché sapevo che avrei lavorato con delle persone davvero in gamba, e che Filo sarebbe stato solo l’inizio di una grande avventura.
Lo slogan “less is more” ha salvato il design o lo ha troppo semplificato?
Ho lavorato 13 anni per aziende e scuole di moda e credo che l’offerta minimalista sia destinata a convivere per sempre con quella “poliedrica”. Così come il lusso e in parallelo il design democratico o il fast fashion. Il mercato ha target diversi sia a livello economico che di gusto. Alcuni mi prendono in giro perché mi vesto sempre di nero, ma per assurdo mi piace tantissimo il colore negli accessori.
Cosa ti piace del tuo lavoro e cosa detesti?
Mi piace il forte spirito di gruppo, l’impegno di tutta la squadra per raggiungere obiettivi ambiziosi. Devo dire che ogni sfida comporta delle rinunce, e anche io ne ho fatte tante. Ho rinunciato allo sport, all’insegnamento, al tempo libero. Per il mio lavoro viaggiavo molto e ho dovuto fermarmi. Credo che sia necessario trovare un compromesso, ma anche prima di arrivare alla mia età. Solo così un progetto imprenditoriale può diventare un progetto di vita e non una meteora/incubo post universitaria.
Durante la tua carriera ci sono stati dei momenti di difficoltà e di sconforto che ti hanno fatto pensare di dire basta?
Sono stata dipendente e libera professionista, e due anni fa ho scoperto che l’esperienza startup racchiude in sé il peggio di entrambi. D’altra parte, non si è mai soli: le sfide sono accolte di comune accordo e non mancano le occasioni di divertimento. Per questo non si arriva mai allo sconforto.
Sguardo al futuro: come ti vedi da qui a 10 anni?
Mi auguro di trarre frutto al massimo da tutto ciò che sto imparando. +10?!? E’ un conto facile da fare ma difficile da accettare… sogno di avere più tempo libero, un cane e dei nipotini. Mi piace Roma, ma non escludo di poter essere all’estero. Mi manca molto il mare. Mi piacerebbe continuare la mia carriera da insegnante. Per aumentare la mia flessibilità quest’anno ho intrapreso il percorso di teacher training per lo Yoga. Chissà… magari ci rivedremo tra 10 anni su un tappetino?
Per capire il funzionamento di questo magico dispositivo guardate il video!