Orrore durante le ore di religione. L’agghiacciante storia di Diego
Quella che stiamo per raccontarvi è la storia di Diego Esposito, un quarantenne che aspetta che venga celebrato il processo per gli abusi subiti quando era solo un ragazzino da don Silverio Mura, il suo insegnante di religione. Oggi ha perso il lavoro, una pesante terapia farmacologica che cura i segni degli abusi lo abbatte metà del giorno sul letto della sua stanza.
In una lunga intervista a Fanpage.it, l’uomo adesso vuole che venga a galla la verità e chiede giustizia. Tutto a inizio nel 1988, quando Don Silverio invita Diego a casa sua. “Ero al terzo della scuola media, don Silverio mi portò nella sua stanza, chiuse la porta e vi sistemò davanti una poltrona pesante, così che se qualcuno avesse provato a entrare, essendo sprovvista di chiave, sarebbe rimasto bloccato. Si sdraiò sul lettino, io ero sulla poltrona. “Vieni a sederti qui vicino a me”, mi disse. Iniziò a toccarmi. Io ero a disagio, rigido, impietrito, non capivo cosa stesse succedendo, ma restai letteralmente sconvolto quando mi baciò in bocca. Lui capì che ero sotto choc e per calmarmi mi disse: “Stai tranquillo, lo faccio perché ti voglio bene”. L’uomo racconta la sua storia davanti a sua moglie, e racconta tutto nei minimi particolari, come se tutto fosse successo ieri.
“Gli abusi iniziarono così a pochi metri dall’anziana madre del parroco, e andarono avanti per tre lunghi anni. Io subivo passivo, piegato su quella poltrona, rigido come un sasso. A volte pretendeva di avere con me rapporti orali, diceva che il mio seme gli curava il mal di stomaco, che ne aveva bisogno”.”Ricordo che un giorno andai trovarlo a casa, ma sua madre al citofono mi disse che suo figlio non c’era.
Non mi convinse, notai che la finestra della stanza aveva la tapparella tirata giù. Lui la chiudeva completamente solo quando faceva le sue ‘sporche cose’ con me. Decisi di aspettarlo davanti alla sua casa, ero sicuro che la madre mentiva, che lo stava coprendo. Dopo circa tre ore il prete uscì con un bambino, era più piccolo di me. Scoppiai in lacrime andandogli incontro, lui spinse da parte il piccolo e mi disse che era un equivoco, che avevo capito male.
E io gli credetti. Solo da adulto, dopo tanti anni, sono riuscito a realizzare che quella era un’altra vittima. Oggi lo so, ho conosciuto altre vittime che sono parte del procedimento civile, ne ho la certezza”. Dopo pochi anni il ragazzino interrompe i rapporti con il prete e trova un lavoro. Dopo molti anni torna a vivere in Campania e un giorno torna a fare i conti con il suo passato. Un violentissimo attacco di panico lo fa finire in ospedale e Diego credendo che fosse ad un passo dalla morte decide di raccontare gli abusi subiti da bambino. Va in cura da uno specialista che gli consiglia di denunciare il fatto.
E così Diego decide di denunciare tutto sia alla polizia che alla Curia. “Aspettavo che dalla Chiesa mi dessero una risposta o semplicemente che mi ascoltassero ma nulla di tutto questo è mai successo. Il ‘Don’ ha continuato ad essere un prete e un insegnante e io, a stare sempre più male”.
“Da dopo la denuncia la mia vita è segnata, seguo una terapia farmacologica molto pesante per i disturbi che mi sono derivati dal trauma, mi sento ignorato da chi dovrebbe darmi risposte, ho minacciato il suicidio come estremo atto di protesta e per tutta risposta mi è stato revocato il porto d’armi senza il quale non potevo più fare la guardia giurata, ed eccomi disoccupato. Perché lo faccio? Io voglio un processo ecclesiastico. Voglio la verità. La mia storia sia d’esempio”.