La solitudine delle mamme: quando è bello essere soli (a volte)
Capiamo di non essere più sole quando cresce la pancia. E poi? Che si fa? Si gioca...
(sottofondo musicale: “Thin Air“_ Pearl Jam)
Ci sono stati momenti in cui anche io ho vissuto attacchi di panico.
Tipo all’università: non riuscivo ad entrare tranquillamente dentro l’aula magna, ogni volta la situazione era sempre la stessa: io sull’uscio della porta che aspettavo bianca come un lenzuolo la mia socia universitaria che sistematicamente era sempre in ritardo.
Ogni volta, appena arrivava, la nostra conversazione era sempre la stessa:
– Perché non sei entrata?
– Perché ti aspettavo!
– Ma almeno potevi prendere i posti!!!
– Hai ragione, ma avevo paura che se fossi svenuta per questo immenso compito da assolvere, non ci sarebbe stato nessuno che mi avrebbe preso la lingua come nei film; perché a me farebbe schifo, figuriamoci a degli sconosciuti…
Così per tutto il primo anno di università, la maggior parte delle lezioni riuscivo a seguirle col binocolo. E la colpa era sempre la mia.
Non riuscivo a capire perché, ma il concetto di muovermi totalmente sola nel mondo mi spaventava. Mi sentivo subito piccola, rachitica e palesemente brutta. Diventavo immediatamente la persona sotto il faro. Non riuscivo a studiare in biblioteca se non dopo aver conosciuto tutti coloro che lavoravano all’interno del plesso. Non mangiavo un panino da sola se non dopo aver preso parte alla preparazione dell’intero catering. Non seguivo una lezione da sola se non dopo aver calendarizzato a tutti i miei amici la loro routine universitaria con me all’interno.
Un disastro.
Sarà perché abitavo con 12 persone sotto lo stesso tetto o perché sono veramente strana, fatto sta che dopo, magicamente, una volta scoperta la mia gravidanza, la mia percezione della solitudine si è trasformata radicalmente.
Non mi importava più di essere sola, perché in realtà non ero sola, o meglio era sola ma poi non così sola perché qualcosa che non aveva neanche le braccia e una coscienza stava crescendo dentro di me; ora forse detta così fa un po’ schifo. Anzi sicuramente. Ma mia figlia manco era nata e già aveva cambiato dentro di me cinque anni di puro panico.
La pancia era diventata il mio biglietto d’ingresso per tutto.
– entravo gratis nei musei
– saltavo le file in banca
– pagavo le bollette alla posta per me e per tutti i miei amici in cinque minuti (o anche pensato di crearci sopra un business senza futuro)
– facevo esami all’università a botte di trenta
Il paradiso.
Da quando sono mamma sono cambiate tante cose, come il concetto di solitudine; in principio potrebbe sembrare cosadasfigati, tipo sei sola e quindi non sei nulla, concetto abbastanza infantile, ma chi non è infantile a 20 anni; io ero così. Poi a ventiquattro hai la magnifica idea di diventare genitore e lo stesso termine si trasforma e diventa una scelta.
Ovvero scegli a volte di essere, di stare sola. Per un giorno, un anno, dai tuoi amici, dagli uomini, da tutto, sai che puoi farlo. Puoi fare tutto, perché rimane sempre quella tua consapevolezza che in fondo sola non sei proprio più. Che un nano ti guarderà sempre dal basso, e prima ti chiederà il latte, poi i colori, poi la paghetta, poi il motorino e poi le chiavi di casa e sarà alto un metro e settanta e tu neanche te ne sarai accorto perché quello sguardo non cambierà mai. Perché lo ami alla follia, anche se a volte tu vorresti stare solo.
La solitudine delle mamme affascina perché in realtà è effimera, perché in realtà inganna noi donne quanto basta per farci capire che un bagno da sole è sufficiente. Perché di solito la solitudine è altro. È andare giù soli. È scoprire che potranno passare giorni senza che nessuno mai ci chiami e ci voglia con se. È voler sparire e pensare che sia giusto così perché ormai abbiamo creato il nostro personaggio e non si può più tornare indietro.
Anche io ho paura a volte, o meglio, sempre. Ho paura di sentire questo perché ormai sono sei anni che sento altro, che non ho paura di scrivere un articolo in un bar in mezzo a sconosciuti perché di là in fondo intanto mia figlia sta facendo le prove per il suo concerto.
Io ho un filo, e ho paura di perderlo anche se questo filo non lo perderò mai.
Anche se per questo filo, forse, ne perderò altri.
Cercare la solitudine per noi mamme è complicato, perché non esiste, e allora facciamo che ci inventiamo di essere noi le bambine e ci divertiamo. E allora mie dolci mamme, createvi la vostra piccola fetta di solitudine lontano da tutti, anche dai vostri figli, perché è giusto così e non siete sbagliate se lo desiderate.
Buona ricerca, colleghe.