#coglioneNo: campagna pubblicitaria di Zero per la tutela dei lavori creativi

"Vogliamo ricordare a tutti che siamo giovani, siamo freelance, siamo creativi ma siamo lavoratori, mica coglioni."

Da lunedì gira online un hashtag curioso, #coglioneNo, dell’agenzia pubblicitaria Zero e della loro nuova campagna video online che sta diventando virale contro lo sfruttamento dei lavoratori creativi freelance. La precarietà del lavoro non solo è una condizione più che mai stabile nella nostra società, ma nel settore della creatività da freelance raggiunge parossismi come le provocazioni dei video di Zero, ideati e prodotti dai tre fondatori Stefano De Marco, Niccolò Falsetti e Alessandro Grespan che lavorano in pubblicità da anni e con Zero hanno stilato un manifesto nichilista sulla fine delle illusioni (e dei soldi pure) che tocca per molti giovani, freelance o no, un nervo scoperto.
#coglioneNo punta il dito su come ai lavori cosiddetti creativi (settori come pubblicità, scrittura, fotografia, web…) vengono richieste prestazioni professionali sapendo di non poter fornire una retribuzione (spesso omettendo distrattamente di indicarlo) e alla richiesta di pagamento rispondere “mi spiace, per questo progetto non c’è budget” con il candore di un bambino che ruba caramelle di fronte a chi gli chiede di pagarle.
Il concept di #coglioneNo di Zero porta la querelle lavori-creativi-non-pagati su un piano di estrema pragmaticità e concretezza, perché se in certi ambienti viene automatico non pagare lavori “immateriali” come la scrittura, il copywriting pubblicitario, l’editing e il web editing, la fotografia, il web design ecc…non sarebbe pensabile fare altrettanto con lavori “materiali” quali riparare un’antenna, potare la siepe o aggiustare lo scarico del wc.
Oltre alla mancanza di budget per il progetto (che però guarda caso non è mai un progetto senza fini di lucro), le motivazioni più ricorrenti per negare una retribuzione sono l’offerta di farsi un’esperienza da mettere sul curriculum, il fatto di essere giovane e approfittare del fatto di fare esperienza, la visibilità sui social network (Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest…) che si otterrà dalla partecipazione al progetto ed altre boiate simili che di fatto destinano un giovane freelance a diventare un adulto freelance “bamboccione” non per scelta.

Personalmente mi sono trovata in situazioni analoghe, sentendomi dire che “la collaborazione è da intendersi a titolo gratuito” che trovo sia un vero ossimoro dei nostri tempi. Spesso mi sono soffermata a pensare se avessi potuto fare altrettanto alla cassa del supermercato.
Al momento del conto sfoderare un altrettanto serafico “non ci sono soldi ma darò ai vostri prodotti una grande visibilità nella mia dispensa e sulla mia bacheca di Facebook”, chissà che effetto farebbe? Alla fine non l’ho mai provato (non ancora) ma forse Zero potrebbe metterlo in scena.

Qualcuno non ha gradito la produzione di #coglioneNo da parte di Zero, gridando alla strumentalizzazione di un problema sociale per fini individuali, in quanto Zero è un’agenzia pubblicitaria che con questa campagna “pirata” e virale certo sta raggiungendo grande visibilità online su tutti i social network. Credo che se anche guadagneranno dei lavori da #coglioneNo, hanno comunque portato in luce una situazione negativa, sconosciuta a molti.
Voi che ne pensate, vi arriva più il messaggio della campagna #coglioneNo a tutela dei lavori creativi o il fatto che sia stata fatta da un’agenzia pubblicitaria con intento commerciale?