"La donna che sbatteva nelle porte": l'altra faccia di Marina Massironi

Uno spettacolo teatrale per raccontare un percorso di crescita e di liberazione, nella terribile cornice della violenza di genere...

Quando decido parlare di teatro temo sempre di non riuscire a trasferire le emozioni più viscerali che uno spettacolo mi trasmette.
Per quanto sia vario l’uso delle parole e della scrittura, non è sempre scontato che ciò che per te vuole dire una determinata cosa, venga poi percepita come desideri.

Mi è arrivato il comunicato stampa di La donna che sbatteva nelle porte e la storia mi ha incuriosita subito, ma la vera sorpresa è stato leggere il nome dell’interprete: Marina Massironi.


Marina Massironi - foto dall'ufficio stampa
Marina Massironi – foto dall'ufficio stampa

Proprio lei, il quarto elemento del trio Aldo, Giovanni e Giacomo che per anni ha fatto sorridere milioni di italiani, oggi si trova a teatro a confrontarsi con un ruolo drammatico come quello di Paula.

Il regista Giorgio Gallione ha tratto la rappresentazione dall’omonimo libro dell’irlandese Roddy Doyle che racconta la storia di Paula Spencer. La donna ha trentanove anni e vive a Dublino, ma la storia di abuso fisico e psicologico che ha sulle spalle potrebbe essere successa ovunque. Padre misogino e madre sottomessa, già da adolescente ha voglia di fuggire da una famiglia che non la sa amare e da una scuola che la etichetta come una ragazzina stupida e amorale.
Tutto cambia quando, qualche anno dopo, diventa la “signora” Spencer, la moglie di Charlo, il bello del quartiere, sicuro, vincente, carismatico. Charlo è la felicità, il sesso, la speranza, il riscatto.

Marina Massironi - foto dall'ufficio stampa
Marina Massironi – foto dall'ufficio stampa

Poi arrivano i figli, Charlo, che beve pesantemente, perde il lavoro e la vicenda precipita improvvisamente nelle profondità di un dolore fisico e psicologico, dove lo sbattere la testa nelle porte diventa per Paula metafora per nascondere la violenza subita dal marito.

Lo spettacolo, in scena dal 5 al 24 febbraio al teatro Elfo Puccini di Milano, si sviluppa attraverso un monologo che accompagna la protagonista dalla soglia della propria abitazione sino al momento in cui trova finalmente la forza di ribellarsi e buttare fuori di casa il marito.
Per questo motivo Giorgio Gallione, assieme allo scenografo Guido Fiorato, ha scelto di ambientare lo spettacolo in una stanza interamente foderata di prato, uno spaccato della casa degli Spencer ibrido fra interno e esterno.
Per capirne di più di Paula ho chiesto alla protagonista di parlarmi di lei.

Quattro chiacchere con Marina Massironi

Marina Massironi - foto dall'ufficio stampa
Marina Massironi – foto dall'ufficio stampa

Sei conosciuta al grande pubblico per ruoli comici, cosa ti ha spinta a scegliere di portare in scena una storia così differente?
Cosa ti ha colpita di Paula?

È stato semplicemente impossibile per me dire di no a Paula, le ho voluto bene da subito.
Il romanzo di Doyle è bellissimo, delicato e profondo, amaro e leggero, attento a tutte le sfumature emotive, a tutti i turbamenti, i dubbi, le sconfitte e le vittorie, la paura e il coraggio che attraversano la vita di Paula, la sua grande, immensa storia d’amore che la tradisce e l’annienta per tanti anni e che lei ci racconta dopo esserne finalmente uscita, anche se ancora con tante domande senza risposte e tanti lividi nel cuore.
E poi sapevo che con la regia di Giorgio Gallione Paula sarebbe stata in buone mani. Non avrei mai potuto affrontare uno spettacolo così senza la sua dedizione, la sua passione, il suo talento, la sua ironia e… la sua pazienza !

Marina Massironi - foto dall'ufficio stampa
Marina Massironi – foto dall'ufficio stampa

Dopo tanta tv e tanto cinema di successo, mi racconti il tuo approccio con il teatro?

In realtà il teatro è arrivato prima. È stato e rimane il mio grande amore. Anche come spettatrice. Ho iniziato a metà degli anni ottanta e non l’ho più lasciato.
È un rito collettivo, sei sempre partecipe, sul palco e in platea, anche se i ruoli sono ovviamente diversi. E poi comunichi con tutto quello che hai: il corpo, la voce, la febbre, il dispiacere, tutto è lì con te per il pubblico. È magico. E unico ogni sera.

Il maltrattamento delle donne, in particolare quello tra le mura domestiche, è uno dei temi più tristemente attuali, come si fa a portare una problematica di questo spessore a teatro, senza rischiare che diventi il classico “polpettone” o spettacolo di “nicchia”?

Non so e non posso rispondere a questa domanda, presuppone un giudizio dello spettacolo che non sta a me dare.
Posso solo dire che non ho mai pensato, leggendo il romanzo di Doyle, che fosse un polpettone o una lettura per pochi, proprio perché, come dicevo prima, mi raccontava una vicenda profondamente umana, con tutta la sua forza e la sua fragilità, addirittura riuscendo a farmi sorridere in alcuni passaggi.

Donne di spettacolo come te sono in prima linea nella lotta contro questa piaga sociale della violenza sulle donne: quanto può giocare essere un personaggio conosciuto in una campagna di sensibilizzazione dentro e fuori dal palcoscenico?

Solo ad attirare magari un po’ più di attenzione, a far parlare un po’ di più di quanto succede intorno a noi, spesso molto vicino a noi, a “rompere il silenzio”, come dicono gli slogan di molte associazioni che aiutano le donne vittime di violenza e che meritano stima e rispetto per tutto quello che riescono a fare con tanta volontà e impegno quotidiano. Loro sì che sono in prima linea.

Cosa vorresti suscitare nel pubblico che assisterà al tuo spettacolo?

Vorrei che volessero bene a Paula, che non la giudicassero, che la capissero e che capissero un po’ di più come può morire dentro e fuori una persona che subisce violenza, come può essere diverso l’amore, perché non dobbiamo dimenticare che tutto questo nasce comunque e malgrado l’amore.
E che tutto ciò li portasse a guardare meglio e a fare domande intorno a loro, per aiutare a “rompere il silenzio”.
“Chiedetemelo!” come dice Paula.

Marina Massironi - foto dall'ufficio stampa
Marina Massironi – foto dall'ufficio stampa

Grazie Marina.