Sandra Bullock: campionessa di tenacia

Attrice, produttrice, regista, doppiatrice, filantropa: Sandra Bullock è la prova vivente che la perseveranza paga.

Ci sono dei ruoli che sembrano definire una vita: la Dottoressa Ryan Stone di Gravity è quello di Sandra Bullock. Nel film di Alfonso Cuarón, presentato nel 2013 alla 70ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e vincitore di ben 7 Oscar, l’attrice sfida se stessa, sostenendo il peso dell’intera pellicola sulle sue atletiche spalle, mettendo in scena una corsa per la sopravvivenza che sembra una metafora di tutto il suo percorso artistico.

Diciamo infatti la verità: in Italia, per anni, il nome Sandra Bullock è stato sinonimo di attrice incapace, se non proprio di “cagna maledetta”, come direbbe il René Ferretti della serie Boris. Molto probabilmente la prima volta che avete visto l’interprete americana in un film è stato in Speed, pellicola datata 1994, in cui, al fianco di Keanu Reeves, Bullock è un’autista che deve mantenere costante la velocità dell’autobus che sta guidando, altrimenti salterà in aria. Grande successo di pubblico, il film ha trasformato l’attrice nella nuova fiamma d’America.

Se in patria Bullock, già trentenne e con una lunga gavetta alle spalle (tanto teatro e musica, che le viene dalla madre Helga D. Meyer, cantante lirica tedesca), è stata da allora accolta come un’attrice in grado di ottenere ottimi risultati al botteghino (lo dimostrano grandi successi come Miss Detective), dalla bellezza sana, visto il suo fisico tonico, e in grado di passare agilmente, e con grande autoironia, dalla commedia demenziale a ruoli drammatici, come quello dell’avvocatessa Ellen Roark in Il momento di uccidere di Joel Schumacher, da noi questa sua propensione a non prendersi troppo sul serio è stata letta come incapacità a recitare.

Una vita presa di petto

È una vecchia storia: se sei troppo in vista, guadagni bene (tanto da entrare nel Guinness dei primati come attrice più pagata al mondo) e sei amato dal pubblico, inevitabilmente ci sarà qualcuno che avrà da ridire, mettendo in discussione le tue capacità. Le star di Hollywood non fanno eccezione, anzi: quanto più vanno in alto, tanto più i detrattori si accaniscono nel momento in cui fanno una scelta sbagliata.

Sandra Bullock con l’Oscar vinto nel 2010 per The Blind Side

Nessuno è esente da errori e anche Sandra Bullock durante il suo percorso ha fatto scelte discutibili (non però quella di innamorarsi costantemente delle sue co-star maschili, tra cui figurano anche Matthew McConaughey e Ryan Gosling): su tutte rifiutare il ruolo da protagonista in Million Dollar Baby (2004) di Clint Eastwood, affidato poi a Hilary Swank, premiata con l’Oscar, che l’avrebbe consacrata, dieci anni prima di Gravity, nell’Olimpo delle grandi.

Sandra Bullock e la sua stella sull’Hollywood Walk of Fame, nel 2005

Scelte sconsiderate a parte (ci vuole coraggio a dire di no a Eastwood), i più critici non mettono in conto una qualità fondamentale di Sandra Bullock: la sua capacità di utilizzare il corpo come mezzo espressivo. Ci sono attori e attrici che comunicano tutto con uno sguardo, basti pensare a Nicole Kidman, collega di Bullock in Amore e incantesimi, e altri che invece, lavorando sul proprio fisico, cesellano il ruolo. Come Sylvester Stallone, Bullock trova i suoi personaggi nel corpo, cambiando ogni volta postura, dando alle sue eroine delle forti connotazioni fisiche, basti pensare alla Debbie Ocean di Ocean’s 8, in sala dal 26 luglio, appena uscita di prigione dopo quasi sei anni e per questo perennemente affamata, a simboleggiare il suo desiderio di riallacciarsi alla vita, una scelta fatta coscientemente dall’attrice.

Sandra Bullock in Gravity (2013) di Alfonso Cuarón

L’approccio molto fisico alla recitazione fa di Bullock un’attrice unica nel suo genere, perché spesso, a meno che non siano interpreti comiche, le sue colleghe lavorano poco sul corpo, se escludiamo le trasformiste come Cate Blanchett e Tilda Swinton, pochissimo dal punto di vista atletico (Charlize Theron è un’altra che si impegna in questo senso, di fatto una delle poche eroine action degli ultimi anni).

Sandra Bullock: una di noi

Oltre alla necessaria disciplina che ci vuole per mantenersi sempre allenati, e all’umiltà di  conoscere le capacità di ogni centimetro del proprio corpo, Sadra Bullock ha un’altra qualità eccezionale: l’autoironia. Unica attrice nella storia ad aver ritirato, la sera prima del premio Oscar per la migliore interpretazione, vinto per The Blind Side, il Razzie Award, ovvero quello per la peggiore (per A proposito di Steve), l’attrice sa ridere di se stessa ed è uno dei motivi per cui è così amata dal grande pubblico: perché è molto umana.

Sandra Bullock in The Blind Side (2009) di John Lee Hancock

Quando la si incontra saluta sempre guardando negli occhi l’interlocutore e stringendo la mano (cosa affatto scontata), ascolta con attenzione ogni domanda e cerca di dare risposte significative, si concede con generosità al pubblico, firmando foto e autografi. Un’abile strategia di marketing si potrebbe dire. Forse è così, ma il grande lavoro umanitario di Bullock, anche produttrice (nel 1996 ha fondato la sua casa di produzione, la Fortis Films), doppiatrice e regista (nel 1998 ha diretto il corto Making Sandwiches, con Matthew McConaughey), suggerisce il contrario: nel corso degli anni, l’attrice ha infatti devoluto diversi milioni di dollari alla Croce Rossa Americana e a Medici Senza Frontiere, a sostegno delle vittime di varie catastrofi, tra cui l’attentato dell’undici settembre, lo tsunami nell’Oceano Indiano, il terremoto di Haiti e l’uragano Katrina. Il suo lavoro costante è stato anche premiato con un premio creato appositamente per lei: il Favorite Humanitarian Award, consegnatole nel 2013 ai People’s Choice Awards.

Sandra Bullock in Miss Detective (2000) di Donald Petrie

I detrattori sono difficili da convincere però: qualcuno potrebbe dire che dall’alto dei suoi guadagni milionari è facile fare donazioni. Non lo è però mettersi in discussione e lottare per ciò in cui si crede: da anni sostenitrice dell’equo compenso, Bullock ha sempre portato avanti le ragioni delle donne, molto prima che fosse di moda. L’ultimo esempio è sempre Ocean’s 8, in cui ha voluto un cast che rappresentasse ogni colore, forma e cultura, da Cate Blanchett a Rihanna, passando per Awkwafina e Mindy Kaling, fino a Helena Bonham Carter, Sarah Paulson e Anne Hathaway.

Cate Blanchett, Sarah Paulson, Helena Bonham Carter, Sandra Bullock e Mindy Kaling alla première di Ocean’s 8 a Londra

Come ci ha detto lei stessa proprio al junket di questo film, l’attrice ha un “problema” ad ascoltare chi la scoraggia: come tutti, ha ricevuto tanti no nella sua vita, ma questo non le ha impedito di seguire i suoi sogni. Magari prima di arrivare in mezzo alle stelle di Gravity è passata per le stalle di Speed 2, ma lo ha sempre fatto a testa alta, credendo in se stessa, cercando di migliorare e sfruttando i suoi punti di forza. Qualità, in un mondo in cui chiunque è pronto a giudicare e ad affossare gli altri, magari da dietro una tastiera, senza mai mettersi in gioco in prima persona, che non si può non ammirare.

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