Los Angeles: 2 giorni tra Hollywood e le spiagge dei surfisti

48 ore nella seconda metropoli più grande degli Stati Uniti

Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d’albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell’albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce a andandomene a letto.” (John Fante, Chiedi alla polvere)

Qualsiasi cosa John Fante abbia pubblicato – romanzi, racconti, raccolte di racconti – io l’ho letta. Il mio arrivo a Los Angeles, quindi, è stato accompagnato dalle parole (che conosco a memoria) di Arturo Bandini che per LA prova amore e odio, attrazione e repulsione: la città è una donna bellissima che non lo vuole.

Los Angeles è esattamente come la immaginavo dai romanzi di Fante: disumana. Tutto ciò che c’è a Los Angeles è troppo: troppo traffico, troppo cemento, troppe luci, troppo rumore. La bellezza, se mai ha abitato qui, ha da lungo tempo traslocato nei suburbs, a Santa Monica, a Beverly Hills, a Malibù.

Ma facciamo un passo indietro. Ci eravamo lasciati nel Grand Canyon, da lì ci siamo spostati a Williams per pernottare, come sempre, in motel. Da Williams, la mattina dopo, abbiamo preso la Route 66 in direzione Ovest.
Percorrere la Route 66 ti fa sentire dentro la leggenda: c’è Steinbeck, c’è Kerouac, c’è Chatwin …e ci sei tu. Modestamente.

Arrivare a Los Angeles dagli spazi aperti e polverosi della Route 66 e del Mohave è piuttosto shockante. Siamo stati risucchiati nel flusso inarrestabile che corre lungo le arterie stradali ipertrofiche della seconda città più grande degli Stati Uniti, eravamo controsole nella luce del tramonto e tutto quello che vedevamo (male, accecati dal sole) era un mare di auto – per lo più cabriolet.

Il nostro motel era a Bunker Hill, sempre in omaggio a John Fante. L’attaccamento ad un autore non dovrebbe mai spingere a tanto, Bunker Hill è un quartiere brutto esattamente come promette il suo nome. Molto meglio pernottare a Santa Monica o nella zona di Hollywood e Beverly Hills, anche perchè a downtown c’è poco da vedere, il meglio di Los Angeles è nei sobborghi.

Ecco cosa abbiamo fatto noi nelle 48 ore in cui abbiamo resistito prima di cedere al richiamo incoercibile della Pacific Highway, la mitica strada costiera californiana.

Santa Monica, Venice Beach, Malibù

Bay Watch non raccontava panzane: sulle spiagge di Los Angeles circolano biondone strizzate in succinti costumi interi ed energumeni tutti muscoli e steroidi dalla forma trapezoidale rovesciata: sopra, sei metri quadri di schiena, sotto, zampette da grillo. Poi c’è anche quello che si distingue dalla massa, il panzarotto tarchiatello che porta in giro con orgoglio la sua ciccia anticonformista: ce n’è per tutti i gusti, insomma.

Venice Beach in particolare è famosa per i suoi avventori palestrati, frequentatori della Muscle Beach, la palestra sulla spiaggia. Il nome è dovuto alla presenza di numerosi canali che in teoria richiamano (come mille altri posti al mondo) la nostra Venezia.

Santa Monica è una zona residenziale molto carina, ideale per trascorrere una serata. Ha un’area pedonale con molti locali e ristoranti e il lungomare è molto bello. Di sera il Santa Monica Pier s’illumina delle luci del Luna Park e si anima di artisti di strada.

Malibù è il paradiso dei surfisti, un paradiso piuttosto inaccessibile dal momento che molti tratti di spiaggia appartengono a privati. L’area residenziale è famosa per le ville di star e celebrities che da qui si godono una vista niente male. Della serie, i soldi non fanno la felicità ma una villa con la vista sul Pacifico sì.

Hollywood e Beverly Hills

Veniamo al dunque: chi va a Los Angeles ci va per visitare gli Studios di Hollywood e per percorrere la Walk of Fame.
Gli Universal Studios di Hollywood sono un parco a tema: non aspettatevi di visitare i set attualmente in uso o di incontrare attori o attrici. Quello che vedrete sono ricostruzioni di set, alcune con attori (sconosciuti ma bravi) che replicano le scene per voi durante il tour. È l’imitazione dell’imitazione della realtà, la finzione della finzione.
Gli Studios sono visitabili dalle 10 alle 17 o dalle 10 alle 18 a seconda della stagione, l’ingresso costa €80 ma è possibile trovare offerte sul sito ufficiale.

Usciti dagli Studios pensavamo di tornare alla realtà… e invece no, c’era ancora un po’ di polvere di stelle per noi lungo Sunset Boulevard. Ho percorso la Walk of Fame guardando per terra e gridando ad ogni passo “Uh, guarda!” per la stella di questo o quello. Giunta alla Hall of Fame ho fatto anch’io quello stupido gesto di accovacciarmi e sovrappore la mia mano al calco della mano di qualcuno… credo fosse Sophia Loren.

Prima di salutare Los Angels for good, ci siamo aggirati in auto tra le ville di Beverly Hills e poi abbiamo passeggiato a Rodeo Drive e a Merlose.

Infine via verso Nord, sulla 101, ripensando alle parole di Arturo Bandini…
So fuck you, Los Angeles, fuck your palm trees, and your highassed women, and your fancy streets, for I am going home, back to Colorado, back to the best damned town in the USA – Boulder, Colorado.” (John Fante)