Van Eyck e il Rinascimento Fiammingo protagonisti del 2020 nelle Fiandre
Il 2020 sarà l’anno di Jan Van Eyck e della città che ospita il suo capolavoro, Gent
Il 2020 sarà l’anno di Jan Van Eyck e della città che ospita il suo capolavoro, Gent. L’omaggio al pittore che ha rivoluzionato la pittura fiamminga arriva in coda alla celebrazione di altri due grandi ambasciatori delle Fiandre: Rubens nel 2018 e Bruegel nel 2019.
Van Eyck a Gent
Il terzo e ultimo anno del progetto Flemish Masters 2018-2020 vede la città di Gent sotto i riflettori e risulta essere il più atteso, complice l’emozione per la fine del restauro del capolavoro assoluto di Van Eyck, il Polittico dell’Agnello Mistico che, nell’ottobre del 2020, troverà una nuova ubicazione all’interno della Cattedrale di San Bavone – Sint-Baafs, dove aprirà anche un nuovo Visitor Centre. Eccezionale il fatto che l’anno prossimo il Polittico (pale esterne), insieme a circa la metà delle opere di Jan Van Eyck, sarà protagonista della mostra Van Eyck An Optical Revolution in programma dal 1° febbraio al 30 aprile al MSK – Museo di Belle Arti di Gent. Ma in città le celebrazioni legate all’artista proseguono per tutto il 2020 con un programma diffuso e articolato dal titolo OMG Van Eyck was here!.
Van Eyck e le altre città d’arte
Se Gent è la padrona di casa indiscussa dell’anno di Van Eyck, anche le altre città d’arte fiamminghe hanno molto da dire. Il pittore fu infatti la punta di diamante di un momento storico e artistico che lasciò una preziosissima traccia in tutte le Fiandre.
In primis a Bruges, dove Jan Van Eyck si trasferì nel 1432 al seguito di Filippo il Buono, del quale era pittore ufficiale. Qui visse, morì e venne sepolto. Molti sono i luoghi del centro storico che lo ricordano ancora oggi: il Prinsenhof (all’epoca residenza della Casata di Borgogna), da cui partiva per le sue missioni diplomatiche, la Cattedrale di San Salvatore, con il coro da lui stesso progettato, fino ai resti della Sint-Donaaskathedraal sotto la piazza Burg, dove è sepolto. Ma la vera tappa imprescindibile sono i capolavori custoditi nel Museo Groeninge: Madonna del Canonico Van der Paele (1436) e Ritratto di Margherita van Eyck (1439). La sua influenza sui pittori a lui contemporanei, anche stranieri, fu fondamentale, incluso il suo concittadino Hans Memling, le cui opere si possono ammirare nel Sint-Janshospitaal – Memling Museum. Insieme al Museo Gruuthuse, altro edificio simbolo del Rinascimento, recentemente restaurato, i tre musei costituiscono il circuito dei musei civici della città, perfetta immersione nell’epoca d’oro di Bruges.
L’epoca borgognona ovvero il Rinascimento Fiammingo
Tra il 1348 e il 1482 i Paesi Bassi furono governati dai Duchi di Borgogna che portarono un’incredibile prosperità economica nella regione. I duchi erano sovrani illuminati, amanti dell’arte, della musica e della letteratura e favorirono uno sviluppo culturale che fece segnare importanti progressi in Europa nel campo dell’arte e della scienza. Il casato borgognone non aveva una reggia fissa e tendeva a spostarsi tra le diverse città delle Fiandre. Bruges, Gent, Mechelen, Lovanio Bruxelles, portano oggi i segni di quell’epoca d’oro. I duchi vivevano in sontuosi edifici che erano la loro dimora (temporanea) ma anche luogo di lavoro e pensiero per le grandi menti dell’epoca.
I palazzi cittadini esercitavano un’irresistibile attrazione su governanti, filosofi, scrittori, musicisti, pensatori, artisti, scienziati, artisti. Tra i tanti, il filosofo Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro. Fu questo il periodo dei cosiddetti Primitivi Fiamminghi (Van Eyck, Memling, Bouts) e dei grandi maestri del sedicesimo secolo come Quinten Metsys e Pieter Bruegel, nonché dei grandi compositori della musica polifonica.
La floridezza dei palazzi era lo specchio di un atteggiamento gioviale anche nella vita quotidiana e si rifletteva nei grandi banchetti dell’epoca e nell’amore per il buon cibo e il buon bere. Una tradizione che ha lasciato il segno nelle Fiandre: i fiamminghi sono oggi noti per essere “bon vivants” o, per l’appunto, “borgognoni”.