“Potrebbe venire da lì..” Garlasco, la rivelazione choc del consulente della famiglia Poggi

Nuove ipotesi sul caso di Chiara Poggi emergono da un test genetico che rivela un Dna maschile ignoto, potenzialmente legato a una terza persona presente il giorno del delitto.

Il caso di Chiara Poggi, avvenuto 17 anni fa a Garlasco, continua a suscitare interesse e interrogativi. Recenti sviluppi nella ricerca genetica hanno riacceso il dibattito sull’omicidio della giovane, con nuove analisi che potrebbero suggerire la presenza di un terzo individuo sulla scena del crimine. Il genetista Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, ha fornito dettagli significativi riguardo a un campione di Dna maschile rinvenuto nel cavo orale della vittima. Questo elemento potrebbe rivelarsi cruciale per la riapertura delle indagini, a patto che venga confermata la sua origine e significato.

Le nuove scoperte sul Dna di Chiara Poggi

Al centro delle nuove indagini c’è un profilo genetico maschile, noto come “Ignoto 3”, identificato nel cavo orale di Chiara Poggi. Questa scoperta ha portato a riconsiderare la possibilità che il campione non sia il risultato di una contaminazione, ma possa appartenere a qualcuno presente sul luogo del delitto la mattina del 13 agosto 2007. La questione è particolarmente rilevante, poiché nei prossimi giorni si prevede che questo campione venga confrontato con il Dna di circa 30 persone che hanno avuto contatti diretti con il corpo della vittima. L’obiettivo è determinare se si tratti di contaminazione postuma o di un elemento significativo che potrebbe aprire nuove piste investigative.

Il genetista Marzio Capra, ex vicecomandante del RIS, ha descritto i risultati della ripetizione del test effettuato durante l’incidente probatorio. Entrambi i campioni di garza prelevati dalla bocca di Chiara hanno mostrato tracce di Dna maschile, il cui quantitativo e caratteristiche indicano un potenziale inquinamento della traccia genetica principale. In particolare, il primo campione ha rivelato un aplotipo Y compatibile al 99% con quello di un assistente del medico legale, Dario Ballardini. Il secondo campione ha mostrato un profilo parzialmente compatibile con lo stesso soggetto e una parte riconducibile a un’altra linea maschile.

Le posizioni dei familiari e le ipotesi di contaminazione

Nonostante le nuove scoperte, la famiglia Poggi rimane scettica riguardo alla possibilità che il Dna trovato possa appartenere a un terzo soggetto. I genitori di Chiara hanno sempre sostenuto l’idea che si tratti di contaminazione avvenuta in fase di laboratorio o durante le indagini. La tesi della contaminazione è supportata dal parere di Capra, secondo il quale i livelli di materiale genetico rinvenuto sono estremamente bassi, oscillanti tra i 2 e i 4 picogrammi, una quantità considerata insignificante rispetto ai circa 40.000 picogrammi di Dna della vittima. Capra ha sottolineato che la presenza di queste tracce maschili potrebbe essere il risultato di contaminazioni avvenute durante il sopralluogo, l’autopsia, o nelle fasi successive di manipolazione del corpo.

La famiglia Poggi ha espresso fiducia nel fatto che le indagini possano finalmente far luce sulla verità. “La Procura dovrà cercare la fonte originaria dell’inquinamento”, ha dichiarato Capra, affermando che le analisi attuali non mostrano compatibilità con Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara, che era stato iscritto nel registro degli indagati in passato.

Le implicazioni delle nuove indagini

Le implicazioni delle nuove analisi sono significative e potrebbero cambiare il corso delle indagini sul caso. Capra ha avanzato l’ipotesi che il materiale genetico potrebbe essere stato trasferito accidentalmente attraverso strumenti utilizzati durante l’autopsia. Questa possibilità solleva interrogativi sulla qualità delle procedure seguite e sull’eventualità di errori nel trattamento del corpo di Chiara. La questione è di fondamentale importanza per chiarire la verità su un caso che ha profondamente segnato la comunità di Garlasco e l’Italia intera.

La comparazione del Dna con quello di circa 30 persone, tra cui tecnici e personale medico, rappresenta un passo cruciale per comprendere se l’inquinamento genetico possa essere avvenuto in maniera accidentale o se ci siano elementi di responsabilità legati alla scena del crimine. Le attese sono alte e le prossime analisi potrebbero fornire risposte definitive, contribuendo a un caso che rimane avvolto nel mistero e nell’incertezza.