“Voleva solo aiutarla” Alpinista italiano muore a 7mila metri: il gesto eroico che gli è costato la vita
Un alpinista italiano è morto sul Pik Pobeda mentre tentava di soccorrere una donna bloccata. Le cause del decesso includono edema cerebrale, ipotermia e condizioni meteorologiche avverse.
Un tragico incidente ha coinvolto un alpinista italiano, deceduto sul Pik Pobeda, la vetta più elevata della catena montuosa del Tian Shan, che si trova al confine tra Kirghizistan e Cina. La morte è avvenuta a causa di un edema cerebrale da alta quota, complicato da ipotermia e congelamento, mentre si trovava in una situazione di emergenza a causa di una bufera di neve a quasi 7.000 metri di altitudine. La notizia è stata diffusa da diversi media kirghisi e dal portale del Club Alpino Italiano, Lo Scarpone.
Il dramma si è svolto in un contesto estremamente difficile, caratterizzato da condizioni meteorologiche avverse e da un’alta quota che ha reso le operazioni di soccorso particolarmente complesse.
Il tentativo di soccorso

La vittima stava cercando di prestare aiuto a Natalia Nagovitsyna, un’alpinista russa di 47 anni che aveva subito una frattura a una gamba durante la scalata. Secondo le ricostruzioni, l’alpinista italiano, le cui generalità non sono state ancora rese note, ha tentato due volte di raggiungere la Nagovitsyna per fornirle assistenza. Il suo corpo è stato successivamente rinvenuto in una grotta a un’altitudine di 6.900 metri.
Questa situazione evidenzia non solo il coraggio dell’alpinista italiano, ma anche il rischio estremo che caratterizza l’attività di scalata in condizioni così severe. I soccorsi in alta montagna sono spesso resi difficili da vari fattori, tra cui l’altitudine, le condizioni meteorologiche e l’inevitabile affaticamento fisico.
Natalia bloccata da giorni
Nagovitsyna, che ha già vissuto una tragedia in passato perdendo il marito Sergej sul Khan Tengri, era bloccata a circa 7.200 metri da una settimana. Durante questo periodo critico, l’alpinista italiano e un collega tedesco erano riusciti a raggiungerla, fornendole un sacco a pelo, cibo, un fornello e una bombola di gas, strumenti essenziali per la sua sopravvivenza in condizioni così estreme.
La situazione di Nagovitsyna rappresenta un ulteriore esempio delle sfide che affrontano gli alpinisti ad alta quota, dove la vita e la morte possono dipendere da attimi decisivi e dalla disponibilità di risorse limitate.
Le difficoltà dei soccorsi
Nonostante gli sforzi del ministero della Difesa kirghiso, che ha mobilitato due elicotteri Mi-8 per evacuare un totale di 62 persone tra alpinisti, turisti e soccorritori dal Pik Pobeda e dal vicino Khan Tengri, il recupero della donna si è rivelato impossibile. Le difficoltà legate all’elevata altitudine, unite a condizioni meteorologiche avverse e all’immobilità di Nagovitsyna, hanno ostacolato ogni tentativo di salvataggio.
Questa tragica vicenda mette in luce le difficoltà e i pericoli che gli alpinisti affrontano in montagna, dove anche le migliori pianificazioni possono non bastare a garantire la sicurezza. La situazione rimane critica, e la comunità alpinistica è in apprensione per il destino di Nagovitsyna e per la memoria dell’alpinista italiano che ha perso la vita nel tentativo di aiutare un compagno.