Prato, gatto chiuso in una gabbia per uccelli: proprietario a processo
Proprietario di un gatto denunciato per maltrattamenti verso gli animali: lo costringeva a vivere chiuso in gabbia
La vicenda è accaduta a Prato, dove il proprietario di un gatto è stato accusato di maltrattamento verso gli animali e ora dovrà affrontare un processo e far fronte alle accuse. Secondo le notizie riportate, il povero animale viveva costretto dentro una gabbia per uccelli. O legato con un guinzaglio fissato ad un armadio. Guinzaglio che gli ha provocato gravi ferite sul collo.
Le Guardie Zoofile dell’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) sono intervenute grazie ad una segnalazione. Dopo aver indagato sulla situazione del gatto, hanno a loro volta allertato le forze dell’ordine.
Il proprietario del felino è stato denunciato e il Tribunale di Prato ha deciso di procedere con un processo. La stessa Enpa ha deciso di rendersi parte civile contro l’imputato.
Gatto maltrattato: le dichiarazioni dell’Enpa
La Presidente dell’associazione, Carla Rocchi, ha voluto lasciare una dichiarazione sulla vicenda. Ha spiegato che, purtroppo, casi come questo non sono così rari come si crede. Molto spesso gli animali si ritrovano vittime di maltrattamenti da parte degli esseri umani. Costretti a vivere in situazioni di degrado e non salutari:
Purtroppo casi limite come questo non sono poi così rari. Sicuramente sono associati spesso a situazioni di degrado e difficoltà sociale. Ma questo non giustifica in nessun modo che a farne le spese siano gli animali. Anche per questo è importantissimo segnalare sempre quando si viene a conoscenza di maltrattamenti o detenzioni incompatibili.
Il maltrattamento verso gli animali è un reato vero e proprio riportato sul Codice Penale e di conseguenza, è punibile con la legge.
Ai sensi dell’art. 544-ter del codice penale:
Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5.000 euro a 30.000 euro.