Alice Scagni, definitiva la condanna per il fratello Alberto: cosa ha deciso la Corte tra lo strazio dei genitori
La Corte conferma la condanna ottenuta in primo grado per Alberto Scagni per l'omicidio di sua sorella Alice avvenuto nel maggio del 2022
Quando si compie un gesto che va contro le leggi dello Stato si incorre in una condanna. Questa può essere di diverse tipologie. Infatti, chi delinque può essere costretto a pagare una multa oppure, in base al reato commesso, è prevista un reclusione. Non sempre però la giustizia viene vista come giusta, soprattutto dalla parte lesa. In questo caso, le due parti coincidono visto che si tratta di un omicidio avvenuto in famiglia. Proprio oggi, infatti, è stata confermata la condanna a 24 anni per il fratello di Alice Scagni che le tolse nel 2022.
Il 1 maggio 2022 Alberto Scagni, fratello di Alice, dopo aver effettuato una chiamata di minacce al padre, si reca sotto casa della sorella e le toglie la vita. L’uomo, dopo essersi appostato sotto la dimora della sorella, ha attesa che la giovane scendesse con il cane per poi pugnalarla con un coltello portato da casa per 19 volte. Il gesto di Alberto era stato preceduto da una litigata con la famiglia per dei motivi economici.
Dopo l’episodio, il padre di Alice chiamò la questura per raccontare la situazione, ma secondo gli agenti Alberto non rappresentava un pericolo. In questi giorni sono stati archiviati i fascicoli riguardanti i due poliziotti e la dottoressa del Dipartimento di Salute mentale della Usl3. Secondo il giudice i tre professionisti hanno seguito il protocollo. La famiglia ha più volte sostenuto che lo Stato, da questo punto di vista, avesse abbandonato Alberto e di conseguenza anche la famiglia.
Oggi viene confermata anche in appello la condanna a 24 anni e 6 mesi di reclusione per Alberto Scagni. Tale decisione è dovuta anche ad una perizia psichiatrica eseguita da terze parti che hanno dichiarato Alberto seminfermo mentalmente. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo per Alberto viste le aggravanti dei futili motivi e della premeditazione. Il difensore di Scagni sosteneva che il suo assistito doveva essere curato prima dei fatti e dunque, non esisteva la premeditazione. La Corte ha confermato la condanna ottenuta in primo grado.
In aula erano presenti sia il marito di sia i genitori della ragazza. La madre, Antonella Zarri, dopo aver ascoltato il verdetto commenta:
“Alberto deve essere curato, invece lo mettono in carcere e poi quando sarà vecchio in una Rems. Noi speriamo ancora che lo Stato voglia recuperare un cittadino che poteva essere curato prima, salvando Alice”