Bambini sopravvissuti al terremoto in Turchia: storie di piccoli miracoli

Si parla di veri e propri miracoli in alcuni casi

Tante le storie di bambini sopravvissuti al terremoto in Turchia, per vero e proprio miracolo. I soccorritori raccontato le storie dei piccoli che sono riusciti a uscire vivi dalle macerie delle loro case. Spesso sono orfani che hanno perso tutta la famiglia a causa del sisma che ha colpito il Paese e la vicina Siria. Per i soccorritori ogni vita strappata via al terremoto è un piccolo grande miracolo.

terremoto in turchia

Tante piccole storie che riaccendono la speranza di poter trovare superstiti sotto le macerie, a più di una settimana dalla scossa. Come quella di Yavuz Canbaz, che non ha nemmeno 3 anni e per 159 ore è rimasto sotto le macerie della sua casa da solo, sperando che qualcuno arrivasse a portarlo via.

Quando lo abbiamo liberato era ricoperto di polvere, ma rideva.

Questo il racconto dei soccorritori che erano increduli di fronte a quel bambino con il pigiama blu, che giocava con la mascherina di chi lo aveva tirato fuori da quell’inferno.

Ma la speranza ha anche il volto di Hanim, una ragazzina di 13 anni, salvata a molte ore dalla scossa di terremoto in Turchia. Quando ha visto i soccorritori, la prima cosa che ha detto loro li ha fatti tutti sorridere:

Grazie, però, per favore, non fatemi delle punture.

E le storie di neonati, bambini e ragazzini strappati dalle macerie di un terremoto che non ha dato scampo a migliaia di persone che hanno perso la vita, fanno sperare di poter compiere altri piccoli grandi miracoli.

Neonato di 7 mesi salvato in Turchia

Bambini sopravvissuti al terremoto in Turchia, storie di speranza tra le macerie

I soccorritori scavano senza sosta, recuperando tra corpi senza vita gli unici superstiti di intere famiglie spazzate via dal sisma. Come il 15enne Alì, bloccato tra genitori e fratelli purtroppo deceduti. Purtroppo, però, non ce l’ha fatta.

lutto
Fonte foto da Pixabay

Abbiamo cercato di salvare il ragazzo scavando da quattro direzioni. Abbiamo comunicato con Alì, lo abbiamo calmato. Abbiamo scherzato con lui, tenuto la sua mano, lo abbiamo fatto bere e incoraggiato. Durante l’operazione, l’amputazione delle gambe di Ali sembrava l’ultima possibilità per liberarlo. Abbiamo chiamato i medici dell’equipe olandese, ma lo spazio era troppo stretto, non è stato possibile intervenire neppure in quel modo. Ali alla fine si è addormentato per sempre. Non siamo riusciti a salvarlo. Alì, non ti dimenticheremo mai.