Bambino di undici anni segregato in casa dai suoi genitori: “non posso uscire, loro sono ad una festa”
"Sono chiuso in camera, non posso uscire. I miei genitori sono ad una festa". Questa la chiamata ai Carabinieri di un bambino costretto a vivere segregato. Dietro quella porta, nessun un letto, nemmeno un bagno, solo...
Una vicenda che ha scosso tutto il paese e che si è verificata in una villa di Arzachena, un comune in provincia di Sassari, Sardegna, vicino alla Costa Smeralda. Era circa le 21, quando arriva una chiamata alla caserma dei Carabinieri di Olbia. Il carabiniere alza la cornetta ed ascolta la dolce voce di un bambino di undici anni: “scusate se vi disturbo, stavo cercando di chiamare mia zia. Ho bisogno di parlare con lei ma adesso sono chiuso nella mia cameretta e non posso uscire. I miei genitori sono andati ad una festa”.
“Questo cellulare non ha la scheda e non posso chiamarla”.
Un vecchio telefono, che il bambino ha trovato per caso e con il quale ha fatto partire una chiamata di emergenza. Dopo quelle parole, le forze dell’ordine hanno scoperto l’incubo di quel bambino e come, da troppo tempo, era costretto a vivere.
I suoi genitori, entrambi ultra quarantenni, lo avevano chiuso nella sua stanza, per andare ad una festa, non permettendogli di uscire, nemmeno per andare in bagno.
Una villetta normale, elegante ed ordinata, poi la stanza degli orrori, in cui viveva l’undicenne. Non c’era un letto, nemmeno una brandina. Un bidone, per i suoi bisogni. La porta senza maniglia, impossibile da aprire da dentro e le finestre serrate.
“Vivo così da tanto tempo, ma tutto sommato sto bene”. Come se questo bambino, accettasse quel poco che i suoi genitori gli davano, un secchio per andare in bagno e un pasto caldo ogni giorno, senza un briciolo di amore.
E’ stato il tenente colonnello Alberto Cicognani, a raccontare l’orrore che ha visto in quella casa. I Carabinieri hanno trovato anche il diario del piccolo, sul quale aveva annotato tutte le volte in cui era stato picchiato. Ha spiegato agli agenti che di solito, per picchiarlo, usavano un tubo di plastica che nascondevano sotto il divano. Ed è stato proprio lì, che lo hanno trovato.
Nessuno aveva mai sospettato nulla, perché i due genitori erano considerati brave e benestanti persone, da tutti gli abitanti.
Sono stati entrambi arrestati e portati nel carcere di Bancali. Per adesso, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Il bambino è stato condotto in una struttura protetta, in una comunità.
“Non sappiamo ancora le motivazioni del loro accanimento. Da tanti anni faccio questo lavoro, mai mi ero trovato di fronte ad un dramma così toccante. Siamo felici di aver liberato il bambino da quell’orrore”, ha concluso il colonnello.