Chiara Gualzetti: nessun demone nella testa del killer della 15enne
La perizia psichiatrica sul ragazzo colpevole di aver ucciso Chiara Gualzetti, ha affermato che era perfettamente lucido e freddo
A pochi giorni dalla sentenza emessa riguardo al caso del femminicidio di Chiara Gualzetti, è stata resa nota la perizia psichiatrica effettuata sul 17enne colpevole dell’efferato gesto. Secondo l’esperta che l’ha svolta, non si è trattato di un demone che ha spinto il ragazzo, ma di lucidità e piena consapevolezza di ciò che si stava facendo.
Lo scorso 26 luglio, il giudice del Tribunale dei minori di Bologna ha emesso la sentenza del rito abbreviato, per quanto riguarda l’assassinio di Chiara Gualzetti.
Il 27 giugno del 2021, la 15enne era stata brutalmente uccisa a coltellate e botte da un suo coetaneo, che lei considerava amico, nel parco dell’Abbazia di Monteveglio.
Catturato poco dopo, aveva confessato il femminicidio e dichiarato di aver agito perché spinto dalla voce di Samael, un demone che aveva assalito la sua mente.
In 13 mesi di indagini, gli inquirenti hanno svolto diverse perizie psichiatriche. Questo perché i difensori del ragazzo recriminavano un’assenza completa di capacità di intendere e volere.
In questi giorni sono state rese note le 150 pagine dell’ultima perizia psichiatrica svolta sul giovane, che ripercorre passo passo tutti i processi che hanno portato il ragazzo a compiere un gesto tanto folle quanto irreparabile.
La verità sul delitto di Chiara Gualzetti
Freddo e distaccato, privo di empatia e sensi di colpa. È questo che emerge dalla perizia. Nonostante nelle 150 pagine si torni a parlare di Samael, la voce demoniaca che il ragazzo ha raccontato avesse preso il sopravvento su di lui.
In poche occasioni, il ragazzo ha raccontato anche di essere dispiaciuto per quanto successo a Chiara Gualzetti e che non se lo meritava affatto.
Non è possibile che sia successo, è un incubo. Sto ancora dormendo, vorrei svegliarmi. Ma purtroppo è la realtà. Mi sento in colpa per non essere riuscito a resistere a questa forza.
Queste le parole pronunciate dal 17enne, che però non hanno mai convinto gli inquirenti.
Osservando i suoi comportamenti, ascoltando le sue dichiarazioni, notando addirittura le smorfie del suo viso mentre si ripercorrevano i passi del femminicidio durante il processo (sembrava addirittura accennare un sorriso), gli esperti sono riusciti ad affermare con certezza che il ragazzo non ha agito per psicosi, ma lucidamente.