Le parole di Ciro Migliore dall’ospedale: “Il fratello voleva uccidermi. Non è stato un incidente”
Non sembra essere stato un incidente la morte di Paola Gaglione, e lo sa bene Ciro Migliore che parla in conferenza stampa dall'ospedale
La tragica morte della diciottenne Maria Paola Gaglione non è stato un incidente, ed è quello che sostiene Ciro Migliore. Il fidanzato della ragazza prematuramente scomparsa per mano del fratello.
Il ragazzo, ancora ricoverato in ospedale a seguito dell’incidente in moto, ha deciso di rompere il silenzio. In conferenza stampa, con accanto a sua madre, ha raccontato la dinamica dell’incidente.
I retroscena di questa storia inoltre sembra annunciassero quello che poi è accaduto. Per Ciro Migliore la giovane e lui erano già sotto minaccia da tempo. La famiglia della vittima non tollerava che avesse una relazione con un transessuale.
Per Ciro come sono andate le cose quella sera è chiarissimo, il fratello di Paola ora è indagato per omicidio preterintenzionale aggravato da motivi futili. Inizia così il racconto:
Michele quella sera lo abbiamo incontrato per caso, me lo sono trovato dietro con lo scooter. Tra di noi c’erano state discussioni precedenti. Si è presentato sotto casa mia mi voleva ‘tagliare la testa’ c’era mia madre e può confermare. Ha detto che mi ammazzava, che non dovevo stare con sua sorella. Preferiva che la sorella morisse pur di farla stare con me. Anche la mamma (di Paola ndr.) diceva così. Perché eravamo due femmine, diceva lei. Sul motorino diceva t’aggia taglia’ ‘a capa, ti devo tagliare la testa.
Ciro e Paola erano fidanzati da tre anni, ricorreva proprio ieri il loro anniversario. Il tutto è nato da un’amicizia che si è tramutata in qualcosa di più. Da subito, i genitori della vittima, non hanno visto di buon occhi questa relazione.
Da quando Paola aveva compiuto 18 anni però, la situazione si era aggravata, perché la ragazza aveva scelto di andarsene di casa per andare a vivere con il fidanzato. Prosegue:
La prima minaccia era il 13 luglio, io e Paola dovevamo scappare insieme dovevamo venire a vivere ad Acerra. Loro lo hanno saputo vedendo sul suo telefono, l’hanno picchiata e sono venuti anche sotto casa mia, il fratello e il padre, quella sera del 13 luglio, io non sono uscito da casa.
Non è vero che diceva di voler parlare, lui pensava solo a me, pensava di volermi uccidere. Non è stato un incidente. Lui mi ha spinto più di una volta, sono sbandato con lo scooter e sono caduto. Quella scena è un incubo.