“Così ho scoperto i tradimenti di mia moglie” Massimo Bossetti rompe il silenzio su Marita e racconta le drammatiche conseguenze

La scomparsa di Yara Gambirasio nel 2010 ha scatenato un'inchiesta complessa, culminata con la condanna di Massimo Bossetti, che continua a proclamare la sua innocenza e solleva dubbi sulle prove.

Il caso di Yara Gambirasio ha segnato un capitolo inquietante nella cronaca italiana, avvenuto il 26 novembre 2010, quando la giovane di 13 anni scomparve da Brembate di Sopra, un comune tranquillo nella provincia di Bergamo. Quella giornata iniziò come molte altre, con Yara che si recava in palestra, ma il suo non ritorno creò immediatamente un clima di ansia e preoccupazione. Le ricerche, avviate prontamente, coinvolsero centinaia di volontari e agenti delle forze dell’ordine, mentre l’intero paese seguiva con apprensione ogni sviluppo della situazione. Dopo settimane di insuccessi, il corpo di Yara fu trovato, tre mesi dopo, in un campo a Chignolo d’Isola. L’autopsia rivelò segni di violenza, ma nessuna violenza sessuale, rendendo il caso ancora più complesso. Questo evento diede avvio a una delle inchieste più intricate e mediatiche della storia giudiziaria italiana.

Le indagini, condotte con metodi scientifici avanzati, richiesero quasi quattro anni per portare all’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto colpevole. La chiave del caso si rivelò essere una traccia biologica rinvenuta sugli indumenti di Yara, che indirizzò gli investigatori verso una pista genetica. Dopo l’analisi di circa 18.000 profili, si giunse all’identificazione di “Ignoto 1”, un Dna maschile trovato sugli slip e sui leggings della vittima. Attraverso una complessa operazione di genealogia genetica, si risalì a Bossetti, un carpentiere edile di Mapello, padre di tre figli e senza precedenti penali. Questo sviluppo portò a una serie di eventi che avrebbero catturato l’attenzione dell’opinione pubblica italiana.

La vicenda di Massimo Bossetti ha assunto contorni drammatici, sia sul piano pubblico che su quello familiare. Nel 2014, Bossetti fu arrestato e nel 2018 condannato all’ergastolo con sentenza definitiva. Tuttavia, la sua figura continua a generare dibattito e controversie. Da un lato, l’accusa ha basato la sua posizione su prove scientifiche, in particolare la traccia di Dna nucleare; dall’altro, alcuni settori dell’opinione pubblica sollevano dubbi sull’accuratezza delle prove e sull’integrità del processo. Bossetti ha sempre proclamato la propria innocenza, denunciando presunte incongruenze nel procedimento e cercando di difendersi sia in aula che davanti alle telecamere. Un punto di forte discussione è stata l’assenza di Dna mitocondriale, una lacuna che non ha però convinto i giudici.

Il tema della corrispondenza genetica è tornato alla ribalta in una recente intervista di Bossetti a Francesca Fagnani, trasmessa nel programma “Belve Crime” su Rai 2. Durante l’intervista, Bossetti ha condiviso il dolore e la frattura che ha vissuto a partire dal giorno del suo arresto, quando apprese, in aula, dei tradimenti della moglie, Marita Comi. Ha descritto il momento come un periodo di grande angoscia, tanto da indurlo a un tentativo di suicidio. Bossetti ha rivelato di aver scoperto le infedeltà non dalla moglie, ma da dichiarazioni fatte in aula da un pubblico ministero, un evento che ha segnato profondamente la sua vita personale.

Durante l’intervista, Bossetti ha affrontato le prove scientifiche, in particolare la presenza del Dna sugli indumenti di Yara, definendo le risultanze “assurde e incomprensibili”. La conduttrice ha però sostenuto con fermezza la validità delle analisi scientifiche. Bossetti ha cercato di deviare l’attenzione verso l’assenza del Dna mitocondriale, ma Fagnani ha ribadito che il Dna nucleare ha un valore legale e forense cruciale, essendo quello che determina l’identità. Il dibattito si è intensificato, culminando con la domanda centrale: “Come è finito il suo Dna sugli slip di Yara?”. Bossetti ha ammesso di non avere risposta, un’affermazione che riporta alla luce le incertezze e i dilemmi che circondano il caso, mantenendo vivo il dibattito tra giustizialismo e garantismo. La vicenda di Yara Gambirasio rimane un capitolo aperto nella storia della giustizia italiana, un mistero che continua a suscitare interrogativi e riflessioni.