È morto Gianni Berengo Gardin, addio al più grande maestro
Gianni Berengo Gardin, icona della fotografia italiana, è scomparso a 94 anni. Ha documentato oltre settant'anni di storia italiana con uno sguardo sociale e civile, lasciando un'eredità indelebile.
Il mondo della fotografia ha subito una grande perdita con la morte di Gianni Berengo Gardin, avvenuta a Genova. Considerato uno dei più importanti fotografi italiani del Novecento, Berengo Gardin ha dedicato la sua vita a catturare la realtà sociale e culturale del paese. Con una carriera che si estende per oltre settant’anni, il suo lavoro rimarrà un faro per le generazioni future di fotografi e appassionati.

La vita e l’opera di Gianni Berengo Gardin
Nato a Santa Margherita Ligure il 10 ottobre 1930, Gianni Berengo Gardin ha trascorso gran parte della sua vita a Venezia, dove ha sviluppato la sua passione per la fotografia. Dopo aver vissuto in diverse città europee, nel 1965 si è trasferito a Milano, dove ha avviato la sua carriera professionale. Il suo lavoro ha spaziato dal reportage sociale all’architettura, con un forte focus sulla vita quotidiana degli italiani. Con un archivio di oltre due milioni di negativi e più di 260 libri pubblicati, ha realizzato 360 mostre personali in tutto il mondo, rendendolo uno dei fotografi più riconosciuti e premiati del suo tempo.
Berengo Gardin si è sempre definito un “artigiano”, rifiutando l’etichetta di artista e sottolineando l’aspetto sociale e civile del suo lavoro. La sua fotografia non cercava di abbellire la realtà, ma di raccontarla con onestà. Ha immortalato momenti di vita quotidiana, da abbracci rubati a scene di vita nei quartieri meno fortunati, creando una narrazione visiva che attraversa le trasformazioni dell’Italia dal dopoguerra a oggi.
Il contributo alla fotografia e alla cultura italiana
Una delle costanti nel lavoro di Berengo Gardin è stata la città di Venezia, che ha osservato e ritratto con affetto ma anche con uno sguardo critico. Il suo primo libro, “Venise des Saisons”, pubblicato nel 1965, evidenziava la bellezza e le contraddizioni della città lagunare. Ha collaborato per oltre trent’anni con l’architetto Renzo Piano, documentando i cambiamenti urbani, mantenendo sempre viva la sua vocazione civile nella fotografia.
La sua carriera è stata costellata di riconoscimenti internazionali, tra cui la menzione tra i “32 World’s Top Photographers” da parte di Modern Photography nel 1972 e il Lucie Award alla carriera nel 2008 a New York. Nel 2009 ha ricevuto la laurea honoris causa dall’Università Statale di Milano, mentre nel 2017 è stato inserito nella Leica Hall of Fame. Le sue opere sono custodite in prestigiosi musei e istituzioni culturali, tra cui il MoMA di New York e il Reina Sofía di Madrid, testimoniando l’impatto duraturo del suo lavoro sulla cultura fotografica mondiale.
Un’eredità duratura
Gianni Berengo Gardin ha lasciato un’eredità culturale inestimabile, un vasto archivio e un approccio alla fotografia che privilegia la testimonianza e il racconto etico. Le sue immagini hanno documentato i cambiamenti sociali dell’Italia, dall’agricoltura tradizionale ai processi di industrializzazione, catturando la complessità della vita umana in tutte le sue sfaccettature. Il suo sguardo era caratterizzato da un equilibrio tra empatia e ironia, mai cinico, sempre attento alle storie delle persone.
Spesso paragonato a Henri Cartier-Bresson, Berengo Gardin ha sempre preferito identificarsi con Willy Ronis, apprezzando profondamente il riconoscimento e l’ammirazione di un maestro del settore. La sua morte segna la fine di un’epoca, ma il suo lavoro continuerà a ispirare e influenzare chiunque si avvicini alla fotografia con l’intento di raccontare storie vere e significative.