“È morto in diretta” il dramma ha scioccato tutti, il famoso trovato così

La morte di Jean Pormanove, influencer noto per le sue sfide estreme, ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza e le responsabilità delle piattaforme di streaming riguardo ai contenuti estremi e violenti.

Un tragico evento ha colpito il mondo del web, evidenziando le problematiche legate ai contenuti estremi online. Raphael Graven, noto su internet con il nome di Jean Pormanove, è stato trovato deceduto nella sua abitazione a Contes, nelle Alpi Marittime. La sua morte è avvenuta dopo una diretta streaming che aveva descritto come una prova di “dieci giorni di torture”, caratterizzata da privazione del sonno, assunzione di sostanze tossiche e atti di violenza fisica.

La polizia ha scoperto il corpo di Graven nel suo letto intorno alle 10 di lunedì mattina. Secondo quanto riportato da BFMTV, un altro streamer presente durante l’ultima diretta avrebbe provato a svegliare Graven, interrompendo bruscamente la trasmissione al rendersi conto della gravità della situazione. Questo episodio ha suscitato indignazione in Francia, dove si discute da tempo della spettacolarizzazione della sofferenza nei contenuti online.

Influencer muore in diretta: cosa aveva fatto per giorni

Jean Pormanove non era estraneo a situazioni simili. I suoi contenuti, spesso condivisi con streamer noti come Naruto e Safine, alternavano sessioni di gaming a momenti di umiliazione fisica. In diverse occasioni, i video mostravano oggetti lanciati contro di lui, obblighi a consumare cibi in condizioni degradanti e addirittura spintoni in seminterrati durante le riprese. Questi episodi avevano già sollevato interrogativi riguardo alla responsabilità delle piattaforme e alla protezione dei creator.

La morte di Pormanove ha spinto le autorità francesi a dare avvio a un’inchiesta giudiziaria. Clara Chappaz, ministro delegato per l’Intelligenza artificiale e gli Affari digitali, ha commentato su X riguardo alle umiliazioni e ai maltrattamenti ripetuti in diretta sulla piattaforma Kick, annunciando l’apertura di indagini approfondite. Le autorità stanno esaminando anche il coinvolgimento di Naruto e Safine, già arrestati lo scorso gennaio per presunti abusi su soggetti vulnerabili, accuse che Pormanove e un altro streamer disabile avevano negato all’epoca.

Nel frattempo, Naruto ha reso omaggio all’amico scomparso con un post su Instagram, descrivendolo come “fratello, compagno, partner” e invitando i follower a rispettare la sua memoria evitando di diffondere le immagini degli ultimi momenti di vita. Questo appello si inserisce in un dibattito sempre più urgente: fino a dove può arrivare lo streaming estremo senza degenerare in un’esibizione di dolore e sopraffazione?

Un fenomeno in crescita e le sue conseguenze

Il caso di Graven non rappresenta un episodio isolato. Solo poche settimane fa, la giovane tiktoker venezuelana Keyla Andreina González Mercado è stata uccisa in diretta durante un episodio di streaming, colpita da un proiettile sparato dal compagno di un’amica. Anche in questa circostanza, le immagini del tragico evento hanno fatto il giro del mondo, mostrando la giovane mentre accennava a un allerta prima di trovarsi di fronte il suo assassino. Due tragedie distinte, ma unite da un filo conduttore: il rischio di un fenomeno che, privo di regole chiare, può trasformare il web in una vetrina di violenza incontrollata.

Le autorità e i responsabili delle piattaforme social devono affrontare la questione della sicurezza degli utenti e della responsabilità nella diffusione di contenuti estremi. L’attenzione pubblica e mediatica su questi temi è in crescita, e le istituzioni sono chiamate a intervenire per evitare che simili tragedie si ripetano, promuovendo un ambiente online più sicuro e responsabile.