Garlasco, novità sull’omicidio di Chiara Poggi: l’arma del delitto è stata sempre lì

Nuove rivelazioni sull'omicidio di Chiara Poggi suggeriscono che l'arma del delitto potrebbe essere un portavasi presente nella casa, riaprendo indagini su un caso irrisolto da anni.

Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, continua a suscitare interrogativi e misteri irrisolti. Da anni, gli investigatori cercano di ricostruire i dettagli di un delitto avvolto nel mistero, con particolare riferimento all’arma utilizzata per commettere il crimine. Nonostante i numerosi tentativi di ricerca, recentemente anche nel canale di scolo a Tromello, l’arma del delitto non è mai stata trovata. Secondo nuove analisi, però, l’oggetto che ha causato la morte della giovane potrebbe non essere mai uscito dalla scena del crimine.

Questa teoria è stata proposta da Enrico Manieri, un esperto in balistica e scienze forensi. Manieri ha esaminato il caso con un approccio innovativo, evidenziando l’importanza di considerare le ferite nel loro insieme piuttosto che singolarmente. “Se le ferite vengono analizzate in modo isolato, si rischia di creare scenari che non riflettono la dinamica reale dell’evento,” ha dichiarato. Il suo punto di partenza è stato il rapporto dell’autopsia, redatto dal medico legale Marco Ballardini, il quale ha rilevato una distribuzione anomala delle lesioni sul corpo di Chiara. Le contusioni alla nuca e i graffi sul volto suggeriscono una dinamica di attacco diversa da quella inizialmente ipotizzata.

La dinamica dell’omicidio di Chiara Poggi

Secondo Manieri, la disposizione delle ferite suggerisce che Chiara non sia stata colpita frontalmente da un oggetto contundente, ma piuttosto che il suo viso sia stato schiacciato su un oggetto mentre veniva colpita alla nuca. Le escoriazioni sul volto potrebbero essere il risultato di un oggetto tagliente e rigido, il quale ha interagito con la sua pelle durante l’attacco. Prima di questa serie di colpi, si ipotizza che la giovane sia stata aggredita con un violento calcio alla coscia sinistra, il che potrebbe indicare l’intervento di un secondo aggressore. Manieri sottolinea che il tipo di calcio inflitto non è compatibile con le calzature comunemente associate alla vittima, suggerendo la presenza di almeno un’altra persona sulla scena del crimine.

Le ferite al corpo di Chiara, unite ad altre evidenze come l’enfisema polmonare riscontrato durante l’autopsia, fanno pensare che la vittima sia stata immobilizzata a terra mentre subiva l’attacco. Questo solleva interrogativi importanti sulla natura dell’evento e sulla dinamica degli assalti. La possibilità che più individui siano coinvolti nel crimine non può essere trascurata e aggiunge complessità alla già intricata questione. Manieri suggerisce che il colpo mortale alla nuca potrebbe essere stato inferto con un vaso in ottone, posizionato all’ingresso della villetta, il quale potrebbe aver rappresentato l’arma del delitto mai considerata fino ad ora.

L’arma del delitto e le nuove scoperte

Il vaso in ottone, secondo l’analisi di Manieri, avrebbe potuto essere utilizzato per infliggere il colpo fatale. La caduta della vittima avrebbe potuto provocare il ribaltamento del supporto, portando il viso di Chiara a contatto con il vaso stesso. Questo oggetto, fino ad oggi trascurato, potrebbe rivelarsi la chiave per comprendere appieno le dinamiche dell’omicidio e i movimenti degli aggressori. La mancanza di attenzione su questo aspetto ha portato a una lacuna nelle indagini, che potrebbe ora essere colmata grazie a questa nuova interpretazione dei fatti.

Inoltre, sono state trovate piccole macchie a semicerchio sotto un divano spostato, evidenziate dal luminol, che potrebbero corrispondere alla forma del portavasi. Manieri avanza l’ipotesi che l’oggetto possa essere stato ripulito dopo il delitto e rimesso al suo posto, sfuggendo così ai controlli delle autorità. Questa scoperta solleva interrogativi inquietanti: se l’arma del delitto fosse sempre stata presente nella casa, chi avrebbe potuto permettersi di nasconderla in modo così abile? E quanti altri dettagli potrebbero emergere da un caso che continua a rimanere nell’ombra?