Gianna Del Gaudio, svolta nel caso: trovati 3 Dna
Svolta sul caso di Gianna Del Gaudio, durante le indagini sull'omicidio sono stati trovati 3 Dna sconosciuti. Uno è di una donna.
Svolta sul caso di Gianna Del Gaudio, la prof uccisa a coltellate in casa a Seriate nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 2016. Durante le indagini sull’omicidio sono stati trovati 3 dna sconosciuti, uno è di una donna.
Il tenente colonnello del RIS di Parma, Alberto Marino, lo ha rivelato questa mattina durante l’udienza in aula al tribunale di Bergamo.
I tre profili misteriosi si aggiungono a quello di Ignoto 1 che è stato ritrovato sui guanti in lattice custoditi nel sacchetto di plastica nel quale c’era anche il cutter che è ritenuto l’arma del delitto.
Ci sarebbero dunque anche un Ignoto 2, il cui Dna è stato ritrovato sulla lama del cutter ed un Ignoto 3 sui guanti, proprio questo è riconducibile ad una donna. Poi c’è anche un Ignoto 4 che è stato ritrovato sotto le unghie della vittima.
Per l’omicidio di Gianna Del Gaudio l’unico ad essere imputato è suo marito Antonio Tizzani, un ex ferroviere che si è sempre dichiarato innocente e ed è sempre rimasto a piede libero.
Gianna Del Gaudio era una professoressa in pensione e fu uccisa nella sua casa di Seriate in provincia di Bergamo con un taglio alla gola. Ad avvertire i soccorsi e i carabinieri era stato proprio suo marito che aveva raccontato di aver visto un ladro incappucciato uscire dalla loro casa e di aver trovato tua moglie in fin di vita sul pavimento della cucina.
I sospetti sul marito di Gianna Del Gaudio sono tanti ma non ci sono ancora prove che possano condannarlo. Ricordiamo la testimonianza da parte di una colf che lavorava nella casa di Tizzani che ha sempre definito aggressivo il suo atteggiamento.
Georgeta Stojan, 57 anni, rumena, di professione baby sitter nell’udienza di martedì 11 febbraio ha parlato del suo rapporto con Antonio Tizzani: “Ho conosciuto Antonio a metà agosto 2017, in modo casuale perchè mi diede un passaggio in auto a Seriate. Quel giorno andò al cimitero. Di fronte al cancello mi disse che sua moglie era morta e che lui aveva bisogno di una colf”.
“Iniziai a lavorare da lui alla fine di quel mese. Secondo quanto accordato, dovevo stare a casa sua 24 ore al giorno per 700 euro al mese, escluso cibo e telefono. Avevo una camera da letto per me, ma dopo tre o quattro giorni mi disse che aveva paura a dormire da solo e mi invitò nel suo letto. Una sera voleva abbracciarmi, ma non abbiamo mai avuto rapporti”.
“Dopo qualche giorno – ha proseguito la donna incalzata dalle domande del pubblico ministero Laura Cocucci – mi diede qualche ora libera e uscii con alcuni miei amici, anche loro rumeni. Lui mi chiamò e mi disse di tornare a casa perché era geloso. Quando arrivai era arrabbiato e agitato. Era molto possessivo, ma io più di una volta gli dissi che non ero sua moglie e che ero lì per lavorare”.