“Le aveva in bocca” Rivelati i dettagli dell’autopsia di Chamila Wijesuriya, cosa avrebbe fatto Emanuele De Maria durante l’uccisione

Chamila Wijesuriya, barista milanese, è stata uccisa da Emanuele De Maria, un detenuto in permesso, che l'aveva minacciata. Indagini in corso su presunti errori nella sorveglianza del carcere.

Un tragico evento ha scosso Milano, con la morte di Chamila Wijesuriya, una barista dell’hotel Berna. La donna è stata trovata in un laghetto due giorni dopo la sua scomparsa, e le prime indagini hanno rivelato dettagli inquietanti riguardanti la sua morte. Emanuele De Maria, un detenuto in permesso di lavoro esterno, è sospettato di essere il responsabile del delitto, avvenuto tra il 9 e l’11 maggio. Oltre all’omicidio di Chamila, De Maria avrebbe anche attaccato un altro collega con un coltello prima di suicidarsi lanciandosi dalle terrazze del Duomo. I risultati degli accertamenti autoptici iniziali suggeriscono che la morte della donna potrebbe essere avvenuta per strangolamento, mentre le ferite da taglio potrebbero essere state inflitte dopo il decesso.

Dettagli dell’omicidio di Chamila Wijesuriya

Le indagini sulla morte di Chamila Wijesuriya hanno rivelato che il decesso potrebbe essere avvenuto per soffocamento, strangolata a mani nude. Le ferite da taglio alla gola e le lesioni sui polsi sono state esaminate dagli inquirenti, i quali hanno suggerito che queste ultime potrebbero non essere state letali e potrebbero essere state inflitte successivamente alla morte. L’autopsia, eseguita il 16 maggio, ha fornito i primi indizi, anche se le relazioni finali del medico legale sono ancora attese. Le circostanze che circondano la morte di Chamila sono drammatiche e lasciano aperte molte domande sulla dinamica del delitto e sulla personalità dell’aggressore.

Il ritrovamento del corpo e gli elementi rituali

Il corpo di Chamila è stato trovato nel Parco Nord di Milano con delle foglie in bocca, un dettaglio che ha suscitato l’interesse degli inquirenti. Questo elemento potrebbe indicare un gesto simbolico da parte di Emanuele De Maria, suggerendo la possibilità di un rituale. Gli investigatori stanno esaminando anche il precedente femminicidio commesso da De Maria nel 2016, cercando di stabilire se vi siano analogie tra i due casi. Gli esami tossicologici, i cui esiti richiederanno più tempo, sono stati richiesti per verificare se De Maria avesse assunto sostanze stupefacenti, il che potrebbe aver influenzato il suo comportamento nel momento dell’omicidio.

Le minacce e le paure di Chamila

Nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pm Francesco De Tommasi, gli investigatori stanno esaminando anche eventuali negligenze nel trattamento carcerario di Emanuele De Maria. Testimonianze di una collega di Chamila hanno rivelato che il 35enne aveva minacciato ripetutamente la donna, dimostrando comportamenti possessivi e ossessivi. Chamila temeva per la sua vita e avrebbe ricevuto richieste di denaro da De Maria, il quale l’avrebbe anche minacciata di diffondere video intimi. È emerso che il datore di lavoro di Chamila non era a conoscenza di queste minacce, il che solleva interrogativi sulla gestione del caso da parte delle autorità carcerarie. Gli inquirenti sono determinati a verificare se ci siano state mancanze nei rapporti degli psicologi e degli educatori del carcere riguardanti il detenuto.