Ricoverato per Coronavirus scopre di avere un’altra malattia
Il Coronavirus ha salvato la vita di un paziente; durante i controlli i medici scoprono che soffriva di un'altra malattia gravissima e lo operano
Coronavirus ha salvato la vita di un paziente. Detta così potrebbe sembrare una cosa strana ma è la pura verità. Questa stria ci arriva da Ciriè, Torino. Un paziente si era presentato lunedì, 23 marzo, al pronto soccorso in preda a una forte crisi respiratoria. I medici che lo hanno visitato, però, hanno scoperto che il Coronavirus non era il suo unico problema.
La vicenda è accaduta nel pronto soccorso di Ciriè. L’uomo era andato in pronto soccorso per problemi respiratori talmente gravi che richiedevano l’intubazione d’urgenza, I medici hanno scoperto che c’era, però, qualcos’altro che ostruiva la sua trachea: una massa tumorale di 2 centimetri.
Immediato l’intervento dei medici. Il giovane è stato trasferito al San Giovanni Bosco dove è stato preparato per l’intervento da un team di medici rianimatori coordinati dal dottor Sergio Livigni. Messo in circolazione extracorporea, il paziente è stato trasferito all’ospedale Molinette, diretto dal professor Luca Brazzi.
L’operazione, diretta dal professor Carlo Albera e dal professor Mauro Rinaldi, eseguita dal dottor Paolo Solidoro e con la supervisione del dottor Rosario Urbino, non è stata facile perché il giovane era risultato positivo al Coronavirus. I medici hanno dovuto indossare delle tutte protettive simili a quelle indossate dagli scafandri. L’intervento è durato 2 ore e un quarto e si è concluso bene. Dopo poco più di una settimana il paziente sta meglio ed è stato estubato. Deve, in qualche modo e per uno strano scherzo del destino, la sua vita al Coronavirus.
Il dottor Paolo Solidoro, broncoscopista della Pneumologia universitaria delle Molinette, ha raccontato:
“Il reperimento delle protezioni è stato fatto dal gruppo diretto dal professor Brazzi, che è riuscito in tempo rapidissimo a ottenere tutte le vestizioni. L’intervento in sé è durato due ore e un quarto. Con le protezioni si lavora in assoluta sicurezza ma in modo più impacciato. Anche se in medicina non c’è mai nulla di certo ora il paziente sta bene e dovrebbe cominciare a respirare da solo. La cosa fondamentale è che in un momento nel quale il sistema sanitario è particolarmente sofferente, grazie al sacrificio e collaborazione di tutti si riescono a fare anche cose come questa”.