Roberta Ragusa ora è morta anche per l’anagrafe e i suoi figli possono avere l’eredità

Il decesso di Roberta Ragusa è stato accertato anche dal Tribunale che ha firmato un decreto grazie al quale ora, i figli della donna, potranno avere la sua eredità

Roberta Ragusa, nota imprenditrice toscana, adesso è morta anche per l’anagrafe. Infatti, il Tribunale ha firmato un decreto con il quale si accerta a tutti gli effetti il suo decesso. Alla luce di questo, ora i figli della donna potranno accedere alla sua eredità.

Tutti ricorderanno la storia di Roberta Ragusa, l’imprenditrice toscana morta il 14 gennaio 2012. La povera donna è stata uccisa per mano del marito Antonio Logli che oggi sta scontando 20 anni di carcere.
A 8 anni dalla scomparsa della donna, il Tribunale ha firmato il decreto con cui si accerta ufficialmente il decesso dell’imprenditrice toscana.

Tuttavia, si tratta di un atto molto importante in quanto permette ai figli della Ragusa di accedere alla successione dei suoi beni. D’altronde, proprio i figli di Roberta Ragusa avevano sollevato la questione richiamando all’attenzione i media con una lettera su Il Tirreno.


Dunque. adesso Roberta Ragusa è morta anche per l’anagrafe e questo permette ai figli della donna, Alessia e Daniele Logli, di accedere alla sua eredità. Quest’ultima è costituita da due immobili, il cinquanta per cento di un appartamento e un fondo patrimoniale.


Lo scorso 12 agosto così parlava l’avvocato dei due figli di Roberta, Linda Sozzi:

“Malgrado la sentenza a tutti nota, né la Procura né il Tribunale civile hanno autorizzato l’aggiornamento dello stato civile della signora Ragusa”.

Roberta Ragusa

Nel frattempo dal carcere l’ex marito di Roberta Ragusa, condannato per l’assassinio della moglie, continua a predicare la sua innocenza, sostenendo che la donna si sarebbe allontanata spontaneamente. Versione confermata anche dai figli che credono fermamente nell‘innocenza del padre.
Pertanto Logli ha intenzione di procedere con la richiesta di revisione della sentenza di condanna e un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.