Sara, morta in un incidente. Il dolore del fidanzato Nicola

Il fidanzato racconta il suo dolore, è stato proprio lui a soccorrerla per primo: “Era raggomitolata sotto il volante, l’ho tirata fuori e le ho tenuto la mano”

Sara Michieli è morta in seguito ad un incidente avvenuto domenica nella frazione di Caltana di Santa Maria di Sala, il fidanzato Nicola è stato il primo a soccorrere la ragazza ma per lei non c’è stato nulla da fare.

Il fidanzato racconta il suo dolore, è stato proprio lui a soccorrerla per primo: “Era raggomitolata sotto il volante, l’ho tirata fuori e le ho tenuto la mano”.

I due ragazzi stavano viaggiando sulle loro auto nella frazione di Caltana di Santa Maria di Sala, la ragazza di Mestre è morta sotto gli occhi del fidanzato che la precedeva a bordo della sua auto. Nicola, non appena aveva sentito il rumore dell’impatto, è tornato indietro ed ha provato a soccorrerla ma per la 25enne non c’è stato nulla da fare:

“Ho fatto inversione di marcia e mi sono precipitato. Non la vedevo al posto di guida. Speravo fosse uscita da sola. Per un momento ho sperato. Poi ho aperto lo sportello e l’ho vista raggomitolata sotto il volante, le labbra blu”

“Ma perché non aveva allacciato le cinture? Lo faceva sempre, sempre. L’ho tirata fuori, l’ho stesa a terra e ho cominciato a praticarle il massaggio cardiopolmonare. Sono stato nei vigili del fuoco e so come si fa. Mi hanno aiutato, dandomi il cambio, anche dei ragazzi residenti lì vicino. Poi è arrivato il 118. Quando la dottoressa le ha tastato l’addome ho capito che Sara non c’era più. Mi sono sdraiato accanto a lei, le ho preso la mano, era già fredda, non volevo lasciarla andare. Mi sono messo a piangere a dirotto. Poi quei segni di frenata sull’asfalto. Si era accorta dell’altra auto, ha tentato di salvarsi, si è resa conto di morire. E questo è ancora più insopportabile”, ha raccontato Nicola al Gazzettino.

I due fidanzati gestivano insieme un bar, il Chiringuito che si trova in centro a Mestre. Domenica era il primo giorno libero di Sara: “Non si meritava una fine così. Nessuno se lo merita, ma Sara più di tutti. Ha dovuto combattere fin da piccola. Lasciare la scuola e andare al lavoro perché il papà operaio a Porto Marghera si era ammalato. Era il suo idolo. Io l’ho conosciuta qualche mese dopo che era morto, stroncato da un tumore. Lei lo aveva accudito fino all’ultimo. Un colpo durissimo da sopportare. Ma aveva reagito. Come sempre. Con il sorriso grande che le si rifletteva negli occhi azzurro cielo, profondi e rassicuranti. Da lui aveva imparato che il lavoro è libertà e dignità e lei il suo mestiere lo adorava”.