“Un ricatto da 250mila euro a Garlasco”, la rivelazione dell’avvocato di Andrea Sempio sconvolge tutto
Il delitto di Chiara Poggi riaccende il dibattito su piste alternative e verità parziali, con esperti che mettono in discussione la condanna di Alberto Stasi e rivelano inquietanti collegamenti.
Il caso di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007, continua a suscitare dibattiti e interrogativi, nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione. Recentemente, l’argomento è stato nuovamente sollevato nel programma “Zona Bianca”, condotto da Giuseppe Brindisi su Rete 4, dove si è discusso non solo del destino giudiziario di Stasi, ma anche di una serie di piste alternative che potrebbero suggerire che la verità legale sia solo un aspetto parziale di una questione molto più complessa.

In studio, esperti del settore, tra cui avvocati, giornalisti e analisti, hanno contribuito a un dibattito approfondito. Tra i partecipanti spiccavano nomi come Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, e Antonio De Rensis, difensore di Stasi. A completare il panel, cronisti di lungo corso che hanno seguito il caso, tra cui il direttore di Gente, Umberto Brindani, insieme a Attilio Bolzoni e Rita Cavallaro, che hanno portato diverse prospettive sull’argomento.
Il programma ha anche trattato di altri aspetti del contesto provinciale, creando un collegamento inquietante con eventi che coinvolgono il procuratore Mario Venditti, noto per il suo lavoro nel campo della lotta alla mafia e al terrorismo. La sua presenza ha fatto emergere la possibilità che l’inchiesta sul delitto di Garlasco rappresenti solo una parte di un sistema più ampio e articolato. Rita Cavallaro ha sottolineato che la sentenza su Stasi non ha superato il principio del ragionevole dubbio, alimentando ulteriormente i sospetti.
Un fatto sorprendente emerso durante la discussione è stato che Chiara Poggi, prima della sua morte, avrebbe effettuato ricerche online su argomenti delicati come la pedofilia, disturbi alimentari e metodi per rintracciare tracce su cadaveri. Questi dettagli hanno sollevato interrogativi sul contesto in cui si è svolto il delitto e sulla complessità della situazione.
L’avvocato Lovati ha messo in discussione le dichiarazioni iniziali di Stasi, definendole “versioni inculcate” piuttosto che spontanee, affermando che le sue affermazioni apparivano come bugie imposte. Inoltre, Lovati ha rivelato un possibile legame tra il caso Poggi e un altro scenario inquietante: il Santuario della Bozzola, un luogo noto per accogliere orfani e tossicodipendenti, e per la presenza di suicidi sospetti non adeguatamente approfonditi. Ha anche menzionato un parroco coinvolto in un ricatto sessuale da parte di due cittadini romeni, i quali avrebbero estorto 250mila euro.
Questi eventi risalgono a giugno 2014, quando i carabinieri di Vigevano, travestiti da preti, arrestarono Flaviu Alexa Savu, un rumeno incensurato, e Florin Tanasie, un connazionale con precedenti penali. I due furono colti sul fatto mentre cercavano di ottenere denaro da don Paolo Scevola, Promotore di Giustizia della diocesi, per non divulgare registrazioni audio compromettenti riguardanti don Gregorio Vitali, rettore del Santuario della Bozzola.
Il processo che ne seguì si concluse nel 2018 con la condanna di Savu a cinque anni e sei mesi di reclusione e di Tanasie a un anno e otto mesi. Don Gregorio Vitali, che si dichiarò parte lesa, ammise di aver avuto un rapporto con uno dei due, giustificandolo come un “momento di debolezza”. Tuttavia, i presunti video compromettenti non furono mai rinvenuti, lasciando un alone di mistero su tutta la vicenda.