Vittime e dispersi alla Marmolada, la rabbia dei famigliari
Se ci sono delle responsabilità, bisogna farle venire a galla
Le famiglie delle vittime e dei dispersi alla Marmolada chiedono che sia fatta chiarezza sulle dinamiche della tragedia che ha causato la morte di molte persone. Mentre si cercano ancora i dispersi e i soccorritori parlano di situazioni terribili e agghiaccianti, la rabbia dei famigliari è altissima. Se ci sono delle responsabilità, bisogna trovarle.
Continuano le ricerche delle ultime cinque persone disperse sulla Marmolada. Sette corpi sono già stati recuperati. Tra le vittime identificate ci sono i corpi di due cittadini della Repubblica Ceca e gli italiani Filippo Bari, Tommaso Carollo, Paolo Dani e Davide Miotti. La settima vittima identificata è Liliana Bertoldi di Levico, in provincia di Trento.
Erica Campagnaro, moglie di Davide Miotti che era con lui in montagna, risulta ancora dispersa, insieme a Gianmarco Gallina ed Emanuela Piran, coppia trevigiana che si trovava sul ghiacciaio al momento del crollo. Disperse ancora alcune persone di origini venete, tra le quali due donne.
Luca Miotti, fratello di Davide, una delle vittime identificate, spiega la rabbia dei famigliari e chiede chiarezza sull’incidente:
Una guida alpina con trent’anni di esperienza non sarebbe mai partito se avesse saputo di un minimo rischio o pericolo. Interpelliamo le istituzioni, abbiamo chiesto se ci sono degli interlocutori adeguati a darci delle risposte. A oggi non riusciamo a capire se fosse stato emanato un bollettino il giorno prima, anche se leggiamo dai giornali che qualcuno aveva già segnalato lo scorrere dell’acqua sotto il ghiacciaio.
Vittime e dispersi alla Marmolada, perché nessuno ha fatto nulla per fermare gli alpinisti?
Il fratello di Davide Miotti aggiunge:
Il giorno prima della tragedia si sapeva che il giorno dopo ci sarebbero state temperature molto elevate che potevano compromettere la normale fruizione della montagna, mio fratello con il gruppo è partito al mattino con la temperatura bassa e sono stati centrati dalla slavina, era sufficiente magari informare il giorno precedente sull’ipotetico rischio. Noi abbiamo saputo dalle tv della sua morte quando nessuna delle istituzioni ci avevano contattato.
Mentre Debora Campagnaro, sorella di Erica e cognata di Davide, aggiunge:
Mio cognato era esperto, era una guida alpina. Ci fosse stato un bollettino, un segnale di pericolo, non sarebbe mai andato lasciando a casa due figli. Mi chiedo poi dove sono le strumentazioni più specifiche per recuperare i corpi. Parliamo di vite umane, mandiamo i droni ma dove sono i macchinari per forare il ghiaccio? Se in Italia non li abbiamo chiediamoli alla Norvegia, alla Groenlandia. Mia sorella magari è ancora viva. Perché nessuno ha fatto un avviso sabato, che c’era l’acqua che scorreva sotto il ghiacciaio? Perché non hanno fermato le persone? Perché le hanno lasciate andare? Era una bella giornata di sole. Ma se sotto scorre l’acqua… Se c’è una responsabilità andremo fino in fondo.