Progetto Yolocaust: quando l’arte risponde ai nostri ignobili comportamenti.

La storia non si può cancellare, le atrocità devono essere ricordate. Il tempo non cancella nulla. Senza alcuna eccezione.

Esistono svariati modi per creare un ricordo intorno a un fatto storico. Tale fatto può essere sia assolutamente positivo, che assolutamente negativo, rimane il fatto che a volte la portata della sua valenza nel mondo è talmente tanto imponente, da creare un altrettanto imponente bisogno di ricordarla.

Molto spesso è proprio la nostra amata arte a venirci incontro, provocando suggestioni talmente infinite da essere sempre, o almeno spessissimo, la portatrice più qualificata per il reale supporto di questi ricordi. Come nel caso del monumento Memoriale degli Ebrei assassinati in Europa. Il grandioso monumento è costituito da una superficie di 19.000 m² occupata da 2.711 stele grigio scuro, la cui sistemazione è completamente percorribile dal visitatore interessato; ma non solo. Queste stesse stele che all’apparenza possono sembrare tutto più o meno identiche, nascono in realtà per “disorientare”cercando così di rappresentare un sistema teoricamente ordinato, ma totalmente lontano da tutto ciò.

Come il pensare che una razza sia inferiore a un’altra e per questo cercare di sterminarla tutta. E in toto.

Dunque. Io non credo ci sia molto da spiegare. Non credo che servirebbe alcun cartello o avviso o custode dell’entrata, per capire che se vuoi visitare un luogo del genere, devi tu stesso capire in primis cosa sia o non sia giusto fare.

masticare una gomma_magari no.

stare in silenzio_magari sì.

salire su una delle stele e pregare o solo meditare_magari, ma magari veramente.

fare foto/selfie/ridendo/in posizioni di giubilo/con anche la voglia di postarlo sui propri social/anche con qualche emoticon…

MAGARI NO.

Forse è proprio questo il primo pensiero che ha spinto l’artista Shahak Shapira a creare il suo fantastico Yolocaust.

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Foto inserita per progetto artistico su Yolocaust.de

foto inserita per progetto artistico su Yolocaust.de

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Magari no, cioè mi sto sbagliando. Magari no, non sono reali, non si stanno facendo selfie al quadrato dentro questo monumento, non stanno facendo yoga tra una stele e l’altra, non stanno facendo i giocolieri, non si stanno autofotografando mentre saltellano da una parte all’altra. Ma soprattutto magari no, non lo stanno facendo, non stanno condividendo in maniera del tutto sbagliata sui loro profili social tutto questo

Magari no. 

E invece sì

E allora cosa potrei fare io artista israeliano, berlinese d’adozione e profondamente di animo satirico?

Forse potrei gentilmente comunicare a tutti loro e a tutti noi, anzi non comunicare, bensì RICORDARE che ogni azione piccola o grande che sia, ha sempre una conseguenza, come una foto, come un autoscatto. Perché se fatta all’interno di un area profondamente radicata sulla storia ecco che i cuoricini sotto il tuo sorrisone, proprio non si addicono. 

Ed ecco che come per magia le foto vengono ritoccate e al posto di uno sfondo col cielo limpido e una cinica localizzazione, appaiono lager e morte, esattamente i luoghi per i quali questo monumento è stato ideato e concepito. Il sito in quattro settimane ha creato il panico. In questo momento da 15 che erano le foto, ne sono rimaste tre; mandando una semplice mail di scuse e pentimento all’artista, la foto con il proprio volto viene eliminata. Numerose sono state le polemiche anche da parte di alte autorità come il sindaco di Berlino, che confessa la visione di Shapira come qualcosa di esagerato e troppo forte.

Io non credo. 

Credo che Shapira abbia creato una perfetta commistione tra satire, ironia e denuncia. Credo che un messaggio così forte pochi avrebbero avuto il coraggio di fare. Credo che dobbiamo tutti vergognarci. Credo che i luoghi siano sacri per chi li percorre ogni giorno e non solo qualche domenica al mese. Ecco perchè un sito come Yolocaust (unione delle due parole Holocaust + l’ hashtag Yolo_you only live one) dovrebbe sbucare a ogni nostro comportamento totalmente insensato, soprattutto se provocato dall’esigenza di racimolare qualche like o una decina di appuntamenti su Tinder.

Siamo arrivati a tal punto?

A quale?

Al punto di superare quella classica demarcazione alla decenza perchè così tanto lobotomizzati da uno smartphone? 

p.s. Per ovvi motivi ho inserito le ultime tre foto che ancora aleggiano ahimè all’interno del sito. Le altre potrete vederle comodamente all’interno di qualsiasi motore di ricerca. Spero che queste ultime tre persone si siano pentite, senza ancora saperlo e che di corsa andranno anche loro a “chiedere scusa” con una semplice mail.

(Foto prese direttamente dal sito yolocaust.de)