Bimbo di 6 anni in radioterapia riceve una dose del 200% superiore al normale

Come sta oggi il piccolo?

Un bimbo di 6 anni in radioterapia per una malattia da combattere ricevere una dose sbagliata del trattamento. Una dose del 200% superiore a quella prescritta dai medici per il suo caso. Ad accorgersi la mamma, dopo che il bambino ha cominciato a lamentare dolori e malessere in seguito alla cura. Adesso l’ospedale dovrà rispondere per quello che è accaduto.

dose del 200% superiore
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Doveva essere sottoposto a una radioterapia alla testa con un dosaggio ritenuto opportuno per le sue condizioni di salute. E invece il dosaggio era superiore del 200% a quello prescritto dai medici che lo avevano in cura. La vicenda ha avuto luogo nel 2016 a Perugia.

La Procura di Perugia ha immediatamente chiesto l’apertura di un processo. Coinvolti il fisico-medico e il dirigente della struttura all’epoca dei fatti: a ottobre e novembre 2016 il bambino di soli sei anni doveva fare la terapia per una grave forma di leucemia, ma qualcosa non è andato come previsto.

A causa del trattamento non idoneo alle sue condizioni, il bambino ha avuto problemi a livello cerebrale. Inoltre, secondo quanto ricostruito dal pm, avrebbe subito “una grave regressione nelle capacità di cognizione e di ragionamento e un notevole deficit di coordinazione”.

A notare i problemi del bambino la mamma. Dopo diversi esami e controlli, i medici hanno scoperto la nuova malattia, probabilmente provocata da quella dose sbagliata di trattamento. La famiglia ha sporto denuncia e querela alla struttura sanitaria.

cure in ospedale
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Bimbo di 6 anni in radioterapia riceve dose sbagliata e la situazione si aggrava

Le accuse sono pesanti. Per il fisico medico si parla di “macroscopico errore di determinazione e calcolo della dose di irradiazione precauzionale encefalica” per il piccolo paziente.

Bimbo di 6 anni in radioterapia
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Mentre la dirigente della struttura di radioterapia oncologica è stata citata in giudizio perché “essendo titolare di una posizione di garanzia” nei confronti di ogni paziente “ometteva di controllare e verificare che l’esecuzione del trattamento radioterapico fosse effettuata nei termini e nelle dosi rigorosamente indicati, così da contribuire causalmente all’insorgenza della patologia cerebrale che non si sarebbe verificata ove avesse compiutamente controllato la correttezza del trattamento radioterapico“.