Femminicidio Alexandra Elena Mocanu: trovata l’arma del delitto
Trovata l'arma del delitto del femminicidio della barista 35enne Alexandra Elena Mocanu, uccisa dal marito nel suo appartamento di Bolzano
Il femminicidio di Alexandra Elena Mocanu ha sconvolto l’intera Italia. La barista di 35 anni è stata trovata senza vita, avvolta in una coperta, nella sua abitazione.
A lanciare l’allarme era stato un familiare del marito, dopo che quest’ultimo gli aveva telefonato e detto che sarebbe dovuto fuggire perché “ricercato”.
Subito è partita la caccia all’uomo, che dopo il delitto si era allontanato portando con se il telefono e l’auto della moglie.
Pochi giorni dopo, Avni Mecja, albanese di 27 anni, si è spontaneamente presentato davanti alle autorità, confessando le sue azioni.
Si era parlato di un oggetto contundente, con il quel aveva colpito Alexandra Elena Mocanu. Dalle ultime notizie emerse, sembrerebbe che gli inquirenti siano riusciti a trovare l’arma del delitto sull’autostrada A22. Si tratterebbe di un martello al momento sotto esame.
Dai primi risultati dell’autopsia sul corpo senza vita della barista 35enne, è risultato che è deceduta a seguito di un “traumatismo cranio-encefalico dovuto ad almeno due colpi cagionati con arma contundente”.
L’interrogatorio del marito di Alexandra Elena Mocanu
Il marito, durante l’interrogatorio, durato 5 lunghe ore, ha ammesso di non essere riuscito a controllare la rabbia a seguito di un litigio, avvenuto nell’abitazione il sabato sera. Davanti al gip, però, durate l’udienza per la convalida del fermo, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il legale ha affermato che il suo assistito si è pentito di quanto accaduto. Dopo la fuga del week-end si è spontaneamente consegnato.
Dalle indagini è emerso che i due, in passato, avevano attraversato brutti momenti. La donna lo aveva denunciato nel 2019, ma quando l’ordine restrittivo è scaduto, sono tornati a frequentarsi. Da poco tempo erano andati a convivere nell’appartamento di quel condominio a Bolzano.
I vicini hanno raccontato di averli sentito spesso litigare, ma quella sera nessuno ha udito le grida della 35enne. Dopo il delitto, Avni Mecja si è allontanato dalla casa con l’automobile ed ha raggiunto Verona, dove si trovano alcuni suoi parenti. Poi, si è recato all’aeroporto, per fuggire in Albania, il suo paese d’origine.