Firenze, il piccolo Kait è morto: era stato dato in affido alla consigliera Chiara Fossombroni

Firenze, drammatico lutto per la consigliera Chiara Fossombroni, il piccolo Kait è morto

Si è spento per sempre il piccolo Kait, il bimbo di 4 anni che era affetto da una rara malattia e che era stato affidato alla consigliera Chiara Fossombroni. I genitori avevano deciso di abbandonarlo e dopo 2 anni, ha incontrato per la prima volta la sua mamma affidataria.

kait morto
CREDIT: FACEBOOK

Una notizia che ha spezzato i cuori di migliaia di persone. In tanti ora stanno cercando di mostrare affetto e vicinanza alla donna, colpita dall’improvviso lutto.

Chiara Fossombroni ha voluto raccontare al quotidiano La Nazione la sua storia ed anche dell’aggravamento improvviso delle condizioni del suo bimbo. Purtroppo nei suoi primi due anni di vita, non ha mai conosciuto nessuno, se non i medici.

La donna lo ha incontrato e lo ha stretto a sé per la prima volta circa 2 anni fa, ha deciso di cambiare per sempre la sua vita. Infatti lo ha portato a casa ed ogni giorno con lui, per lei era un dono.

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Tuttavia, nella giornata di sabato 30 aprile, il cuore del bambino ha cessato di battere per sempre, all’età di 4 anni, dopo un peggioramento improvviso delle sue condizioni. La consigliera del quartiere 2 di Firenze, Chiara Fossombroni, nonostante il dolore per la perdita subita, ha voluto fare un disperato appello. Sui social ha scritto:

Non vi fate spaventare dalle disabilità, incontrate questi bambini. Se come è successo a me, sboccia l’amore, e può succedere solo incontrandovi davvero, sarà la cosa più bella che vi potrà mai capitare.

La storia di Chiara Fossombroni e del piccolo Kait

Me lo fecero conoscere, fu amore a prima vista. Il professor Massimo Resti, che lo aveva in cura, mi disse che aveva tanto bisogno di affetto e che si sarebbe attaccato anche ad un manico di scopa pur di trovarne.

Quel manico di scopa sono stata io. Quando ci siamo incontrati era sdraiato sul letto a guardare il soffitto. Non era mai uscito dall’ospedale e per i primi due anni di vita non aveva potuto né mangiare, né bere, si nutriva tramite un sondino. Si è appoggiato sul mio seno ed io sono diventata sua madre.

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Nelle rare occasioni in cui le condizioni di salute ce lo permettevano, l’ho sempre portato a vedere il sole, l’erba, il mare, i boschi. Cercavo di portarlo sempre con me. Non volevo pensare che quella prognosi fosse vera, ogni giorno per me era un dono.