Italia dopo la Befana, 3 le ipotesi: vediamo quali

Nei prossimi giorni il governo dovrà decidere la strada da intraprendere

Il 6 gennaio scadrà il DPCM delle festività natalizie per contrastare la diffusione del coronavirus in Italia. Il governo ora sta studiando le nuove misure da mettere in campo. Ieri si è tenuta una lunga riunione fiume tra i ministri e il comitato tecnico scientifico. In campo sarebbero 3 le ipotesi che si stanno vagliando. La curva epidemiologica continua a salire e lo spettro di una terza ondata di coronavirus sta portando il governo a correre ai ripari.

Faq di Natale
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Martedì l’Istituto superiore di Sanità esaminerà l’andamento del contagio, e se l’esito confermerà l’aumento dei rischio, l’esecutivo potrebbe prorogare alcune restrizioni almeno fino al 15 gennaio. Inoltre a partire dal 7 gennaio tutta Italia sarà zona gialla, ma alcune regioni potrebbero restarci soltanto per poche ore. Per Veneto, Liguria, Calabria, Basilicata, Lombardia e Puglia, l’andamento dei contagi fa presupporre un inasprimento delle misure.

Italia dopo la Befana: Le tre ipotesi al vaglio del governo

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Cosa succederà dunque dopo la befana? vediamo le 3 opzioni al vaglio del governo. L’idea che al momento sembra prevalere è quella di prorogare in tutta Italia alcune restrizioni già adottate durante le festività natalizie. Almeno per un’altra settimana e dunque fino alla scadenza del Dpcm del 15 gennaio, tutte le regioni potrebbero essere in zona arancione. Un’altra ipotesi consiste in una rimodulazione dei criteri per l’Rt che permettano di individuare zone arancioni e rosse regionali con numeri più bassi. Facendo così dal 7 non solo le 6 regioni citate prima potrebbero essere in fascia di rischio, ma ci sarebbero anche altre.

italia dopo la befana
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Una terza ipotesi è l’istituzione di zone rosse nei fine settimana in tutta Italia con la chiusura di bar, ristoranti, negozi, centri commerciali e i divieti legati agli spostamenti. Negli altri giorni, invece, potrebbero esserci limitazioni alla circolazione tra Regioni e anche Comuni. Rimarrebbe comunque la deroga di spostarsi per comprovate esigenze che sono i motivi di lavoro, salute e urgenza.