La Cassazione ha deciso la condanna definitiva per Roberto Russo
Uccise la figlia per vendetta contro sua moglie, lasciandole poi un biglietto. Dopo anni, la sentenza definitiva per Roberto Russo. Questa la decisione della Cassazione.
La storia della piccola Lauretta è stata impossibile da dimenticare e adesso, a distanza di anni, è arrivata la sentenza definitiva per suo padre, Roberto Russo, che le ha brutalmente tolto la vita. I fatti risalgono all’anno 2014, quando la mamma della dodicenne Lauretta, Giovanna Zizzo, aveva scoperto un tradimento dell’uomo sui social network.
I due avevano anche altri tre figli, Marika, di 14 anni, e due fratelli maggiori, di 17 e 21 anni. La notte dell’omicidio, la donna aveva deciso di andare a dormire a casa dei suoi genitori e Roberto Russo le aveva chiesto di tenere a dormire i figli, nella loro casa.
La sera l’uomo li portò a cena fuori, cosa che non era solito fare. Una volta tornati a casa, aspettò che si misero al letto, prima di dare il via alla sua pura follia.
Russo scrisse un biglietto rivolto a sua moglie: “Cara Gio, io ti amavo e non c’era bisogno di farmi passare tutto questo, bastava solo perdonarmi […] mi hai portato a fare quello che ho fatto, cioè alla follia. Se tu mi avessi perdonato tutto sarebbe tornato come prima.”
Si diresse poi nella stanza di Lauretta e Marika e piantò un coltello nel petto della dodicenne, mentre dormiva. La piccola emise un forte grido, svegliando e attirando l’attenzione degli altri.
Si scagliò poi verso Marika, la 14enne, ma venne bloccato dai figli maggiori.
L’omicidio venne, sin da subito, considerato dal Tribunale un gesto di vendetta, verso la moglie, che non voleva perdonare il suo tradimento e separare, quindi, la famiglia. Un omicidio già premeditato.
A distanza di cinque anni, è stata emessa la sentenza definitiva. Roberto Russo è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di sua figlia Lauretta.
Mentre il giudice emetteva il verdetto, Giovanna e sua figlia Marika hanno manifestato contro il femminicidio in piazza Cavour.
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