“Lui non era solito…” Sofia Stefani, la rivelazione dei colleghi su Giampiero Gualandi
La Procura di Bologna contesta a Gualandi l'omicidio volontario di Sofia Stefani aggravato dai futili motivi e dalla relazione affettiva
All’inizio era un colpo accidentale ma fatale. Le cose sono cambiate molto dalle prime ore all’inizio delle indagini ad ora. Arrivano nuovi dettagli sul femminicidio di Sofia Stefani, la vigilessa uccisa ad Anzola, in provincia di Bologna.
La 33enne è stata colpita mortalmente il 16 maggio dalla pistola di ordinanza del suo ex collega della polizia locale, Giampiero Gualandi, negli uffici del comando di Anzola. L’incarico per l’autopsia, inizialmente previsto per il 22 maggio, è stato posticipato al 24 maggio e sarà affidato alla dottoressa Valentina Bugelli di Parma.
La Procura di Bologna contesta a Gualandi l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla relazione affettiva. L’indagato sostiene che il colpo sia partito accidentalmente durante una breve colluttazione. Ci sono molti elementi, alcuni da provare e considerabili determinanti solo con l’aiuto di indagini approfondite, che fanno pensare tutt’altro.
Secondo ‘Repubblica’, alcuni colleghi di Gualandi hanno dichiarato di non aver mai visto l’uomo portare la sua pistola in ufficio, se non in rare occasioni. Un collega presente alla Casa Gialla di Anzola, dove la giovane Sofia Stefani ha perso la vita, ha confermato che Gualandi non era solito portare l’arma in giro. L’ex comandante ha raccontato invece che durante un litigio di uno o due minuti con Stefani, lei avrebbe tentato di afferrare la pistola e un colpo sarebbe partito accidentalmente.
Non essendoci testimoni oculari, la perizia balistica sarà cruciale. Si analizzerà la traiettoria del proiettile e si cercheranno tracce di polvere da sparo sul corpo della vittima. Un punto chiave è come sia possibile che la Glock avesse un colpo in canna e un altro già pronto dopo il primo sparo, anche se dopo la tragedia l’arma era senza caricatore al momento dell’arrivo dei carabinieri.
La Procura ha formulato l’accusa di “omicidio volontario”, ipotizzando che l’atto sia avvenuto “al culmine dell’esasperazione”, come riportato da ‘Repubblica’. Inoltre, si sta prendendo in considerazione un concreto rischio di fuga. Per questo, ci si basa sul fatto che l’indagato dispone di risorse economiche utili ad affrontare al meglio una situazione di possibile detenzione.