Nevruz Hodo e la rabbia per i messaggi contro il passato della figlia Donatella morta suicida in carcere
Lo sfogo di Nevruz Hodo, per i messaggi carichi d'odio verso la figlia Donatella, la 27enne morta suicida in carcere a Verona
Sono parole di disperazione, di rabbia, ma anche di speranza quelle Nevruz Hodo, il papà di Donatella, la 27enne che lo scorso 2 agosto si è tolta la vita in carcere. Parole rivolte a coloro che, soprattutto sui social, dopo la tragedia, hanno rimarcato sui reati che avevano causato l’arresto della giovane.
Una vita difficile quella vissuta da Donatella. Un problema grave di dipendenza da sostanze stupefacenti, che l’avevano portata a compiere diversi reati, soprattutto furti, che poi ne avevano causato l’arresto.
Poche persone le sono rimaste affianco nei momenti peggiori della sua vita. Uno di questi è stato il magistrato Vincenzo Semeraro, lo stesso che, appresa la notizia della morte di Donatella, aveva scritto una lettera che poi un’amica della stessa 27enne aveva letto durante il funerale.
Un altro era Leo, il fidanzato che la aspettava fuori per iniziare un percorso di vita insieme, lontano da tutte le cose malvagie che avevano invaso la sua vita fino a poco fa. Proprio a lui Donatella aveva scritto una lettera di addio prima di togliersi la vita.
Poi c’era ovviamente il papà. L’uomo che l’aveva messa al mondo e che, come ha spiegato lui stesso in un’intervista rilasciata al quotidiano l’Arena, ce l’ha messa tutta per aiutarla ad uscire dal tunnel della droga, senza purtroppo riuscirci.
In questi giorni di dolore, l’uomo ha ricevuto sì, tantissimo affetto da molte persone che hanno preso il suo dolore come anche loro e gli sono state vicine. Ma anche tanti altri scritti o inviati da qualcuno che ha continuato a rimarcare e additare il passato criminoso della figlia.
Le parole di Nevruz Hodo
A quei messaggi, in un certo senso di odio e insensibilità, Nevruz Hodo ha deciso di rispondere.
Lo ha fatto dopo aver ripercorso i momenti più difficili della vita della figlia e mostrando comunque una sorta di speranza sul fatto che questo pensiero diffuso si possa modificare.
Non c’è bisogno di commentare un passato di una persona che ha avuto i problemi con la droga dopo che si è suicidata, sappiano tutti quello che ha fatto per assumere la droga.
Queste le parole dell’uomo, che poi conclude:
Se possibile servono belle parole per non fare male ancora alla famiglia. Non hanno un po’ di pietà.