Nicolò Maja, unico sopravvissuto alla strage di Samarate: potrebbe ricordare cosa è successo
Nicolò Maja potrebbe ricordare ciò che è successo la notte della strage: non ha riportato danni dal punto di vista cognitivo
Si trova ancora ricoverato in ospedale Nicolò Maja, unico sopravvissuto alla strage di Samarate, avvenuta i primi di maggio. Il 23enne è riuscito a sfuggire alla furia omicida di suo padre, che ora si trova in carcere. Quest’ultimo ha anche fatto una nuova richiesta per accedere ai suoi conti.
Le condizioni del ragazzo migliorano notevolmente di giorno in giorno. Da ciò che riporta il quotidiano locale, La Prealpina, è emerso che riesce a comunicare con alcuni gesti.
Lo zio a fine giugno, ha detto che purtroppo viste le sue condizioni, faceva fatica anche solo a dire ‘Ciao’. Tuttavia, dagli esami di routine, i medici hanno scoperto che non ha riportato danni dal punto di vista cognitivo.
Per questo è probabile che riesca a ricordare ciò che è successo quella notte, in cui purtroppo la madre e la sorella minore hanno perso la vita, a causa della furia omicida del padre.
Il ragazzo si trova ancora ricoverato in ospedale, ma visto questo nuovo aggiornamento è probabile che molto presto verrà ascoltato dalla pm Martina Melita. Quest’ultima nel frattempo sta ancora indagando sulla triste vicenda, per cercare di ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto ed anche le motivazioni che hanno spinto Alessandro Maja a compiere una strage simile.
La richiesta del papà di Nicolò Maja dal carcere
L’uomo di 50 anni ora si trova nel carcere di Busto Arsizio, poiché deve fare delle terapie per la mano, visto che si è ustionato in attesa che arrivassero le forze dell’ordine.
Probabilmente però, a breve potrà essere trasferito di nuovo nella casa circondariale di Monza. Maja per ora non può avere accesso ai suoi conti e ai suoi soldi, quindi per lui riuscire a mantenersi in cella è difficile.
Per questo ha anche chiesto un amministratore di sostegno, che possa aiutarlo nella gestione del denaro. Gli agenti, inoltre, hanno deciso di tenerlo in isolamento, perché temono che possa essere aggredito da altri detenuti.