Processo Alessia Pifferi: la sorella si presenta in aula con la foto della piccola Diana sulla maglia

La sorella di Alessia Pifferi si è presentata in aula con la foto di Diana stampata sulla maglietta: "Non meritava di morire, deve pagare"

La sorella di Alessia Pifferi si è presentata alla prima udienza indossando una maglietta con la foto della nipotina Diana.

maglia sorella Alessia Pifferi

Viviana Pifferi, così come il resto dei familiari della mamma che ha condannato la sua bambina, morta di stenti, ha chiuso ogni rapporto con sua sorella. Si è presentata in tribunale indossando una maglia con la foto di Diana, chiedendo giustizia.

Diana era la bimba più bella del mondo, non si meritava tutto questo, lei deve pagare per ciò che ha fatto.

Si è costituita, insieme alla madre, parte civile nel processo.

maglia sorella Alessia Pifferi

Diana aveva il diritto di vivere.

La prima udienza si è conclusa con il rinvio del processo all‘8 maggio, dopo l’istanza dell’avvocato di Alessia Pifferi. La legale ha richiesto più tempo per studiare la strategia della difesa.

Era lo scorso luglio, quando la madre ha lasciato la sua bambina da sola in casa, a soli 18 mesi, per sei lunghi giorni, per recarsi a Leffe, lontano da Milano. Voleva stare con il suo compagno.

All’uomo aveva detto che la bambina era al mare con la zia, mentre alla famiglia raccontava sempre di una baby-sitter inesistente.

In quei giorni, la donna è tornata anche in città per accompagnare l’uomo a sbrigare delle commissioni per lavoro, ma non si è preoccupata di passare per casa a controllare sua figlia. Ha spiegato agli inquirenti che non voleva rovinare quel rapporto già burrascoso. Al suo rientro, dopo quasi una settimana, ha trovato la piccola di Diana ormai priva di vita.

L’autopsia effettuata sul corpicino della bambina ha evidenziato la disidratazione come causa del decesso. Il medico legale ha trovato nel suo stomaco dei residui di pannolino, che aveva probabilmente ingerito per la troppa fame.

maglia sorella Alessia Pifferi

L’intento della difesa a quello di richiedere una perizia psichiatrica, per valutare lo stato mentale della propria assistita. Il gip ha già rifiutato le due precedenti richieste del vecchio legale di Alessia Pifferi, Solange Marchignoli, ritenendo che non vi fosse la necessità di una perizia neuroscientifica psichiatrica in prigione.

Al momento dell’arresto, la Pifferi era ben consapevole di ciò che aveva appena fatto. “Sapevo che sarebbe potuta finire così”, queste le sue prime parole pronunciate davanti alle autorità.