Tutti ricordano la “bambina di pietra”. Oggi la morte della piccola Bea ha una spiegazione medica

La sua storia è rimasta nel cuore di tutti. Bea era conosciuta come "la bambina di pietra". I migliori medici hanno capito com'è morta

Tutti ricordano la sua storia e il giorno in cui arrivò la triste notizia della sua scomparsa. La piccola Bea è volata in cielo il 14 febbraio del 2018, un mese dopo la sua mamma ed era conosciuta come la “bambina di pietra“. Si è ricongiunta con Stefania proprio il giorno di San Valentino.

morte della piccola Bea

Un caso raro che per tanto tempo non ha avuto una spiegazione. Bea, diminutivo di Beatrice, è nata con una rara malattia. Una condizione sconosciuta dalla medicina e per la quale non esisteva una cura.

Negli anni, il suo corpo si è irrigidito, fino a portarla a muovere soltanto gli occhi. Proprio per questo le persone hanno iniziato a conoscerla come la “bambina di pietra“. Una definizione che i suoi genitori non hanno mai amato, ma che descriveva esattamente ciò che le stava accadendo. Una bambina che viveva dentro un’armatura.

morte della piccola Bea

L’agonia della piccola Bea è iniziata quando aveva soltanto due mesi. La sua mamma, Stefania, si è resa conto che qualcosa non andava, quando un giorno le ha rotto il polso mentre le faceva il bagnetto, le sue ossa erano fragili come un grissino.

Oggi, dopo anni, la scomparsa di Beatrice ha una spiegazione. Un gruppo internazionale di ricercatori ha studiato il suo caso ed è arrivato ad una conclusione medica.

morte della piccola Bea

La cartilagine della bimba si è trasformata, con il tempo, in osso, bloccando ogni attività motoria. Gli studi hanno individuato un gene che produce una proteina in quantità più elevata, ma nel tessuto sbagliato, ovvero la cartilagine. Si tratta di un’anomalia cromosomica rarissima, un segmento di cromosoma 2 doppio, inserito nel cromosoma X della piccola.

Questo cromosoma 2 attivava geni sul cromosoma X nei tessuti sbagliati: “gene Arhgap36 produceva una proteina in quantità anomale”.

Il caso della “bambina di pietra” è stato studiato attraverso una ricerca che ha coinvolto diversi medici e centri italiani ed esteri.