Cos’è King Kong Theory, il libro di Virginie Despentes che dà forza alle donne

L'urlo arrabbiato contro le convenzioni sociali che non risparmia nessuno né uomini né donne

King Kong Theory è uno dei libri che non puoi non aver letto, vuoi saperne di più?

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Il ritorno di King Kong Theory in Italia

Certo che voglio tutto; come un uomo, in un mondo di uomini, voglio sfidare la legge. Voglio ottenere più di quanto mi era stato promesso in partenza. Non voglio che mi zittiscono. Non voglio che mi spieghino quello che posso fare.” 

Se alcuno osano dire che le donne sono esseri docili e graziose, allora Virginie Despentes non fa assolutamente parte del gentil sesso. Si è sempre vista brutta e poco desiderabile, ma dell’estetica non le è mai importato nulla. Ma ha sempre vissuto di desideri e non ha mai pensato di metterli da parte per vivere all’ombra di qualcuno anche a rischio di andare contro il suo stesso sesso. 

Niente Kate Moss, più King Kong. Proprio da questo parallelismo arriva il titolo del suo saggio, “King Kong Theory” ripubblicato da Fandango Editore lo scorso anno in Italia dopo ben tredici anni con la nuova vibrante traduzione di Maurizia Balmelli.

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Un calcio contro le convenzioni sociali

King Kong Theory è un libro brutale, un testo forte che si scaglia senza troppe paranoie contro le convenzioni sociali. Virginie Despenteslancia un urlo arrabbiato da cui non c’è scampo: non si salvano né donne né uomini. L’autrice parte dal mondo reale, analizza impietosamente i dettagli delle vite che la circondano e non inventa mai nulla. 

Il suo è il racconto di una ragazzina che voleva andare in giro come un’esploratrice per il mondo. Poi ad un certo punto la ragazza cresce e diventa una donna ferita ma orgogliosa di sé stessa, un’adulta che non ha mai accettato le regole della società in cui vive. Non solo, va anche oltre e definisce falsa l’immagine della “donna bianca, seducente ma non troia, snella ma non maniaca delle diete, buona padrona di casa ma non la classica sguattera, ambiziosa ma con dei limiti. SI tratta solo dell’ennesimo stereotipo che è solo finzione, una trovata ai limiti del marketing di una società capitalista che fa sentire le donne sempre in difetto.