Giorgio Panariello e il dolore per la morte di suo fratello Franchino

"È morto peril freddo, non per la droga": il toccante racconto di Giorgio Panariello, ospite a Domenica In

Tutti sono abituati a vedere il comico e presentatore, Giorgio Panariello, ridere, scherzare e intrattenere il suo amato pubblico a colpi di battute. Quello che si è visto ieri, invece, è il lato più emotivo e pieno di tristezza della sua personalità. Ospite nel salotto di Domenica In, Giorgio ha parlato di suo fratello, scomparso nel 2011.

Giorgio Panariello parla del fratello scomparso

Proprio in quell’anno, l’amico e collega di Giorgio, Carlo Conti gli aveva dato in prima persona una delle notizie più devastanti che possano esistere. Suo fratello Francesco, o ”Franchino” come lo chiamavano tutti, aveva perso la vita all’età di 50 anni.

Un dolore straziante per Panariello, dal quale ha trovato la forza di scrivere un libro, intitolato “Sono mio fratello“, e nel quale parla del rapporto intimo che aveva con lui.

Intervistato da Mara Venier, Giorgio si è lasciato andare in un racconto a cuore aperto:

Giorgio Panariello parla del fratello scomparso
Credit: Rai, Domenica In

Mio fratello non è morto di overdose ma perché è stato lasciato dagli amici sul lungomare di Viareggio come un materasso e se n’è andato per ipotermia. E’ morto di freddo, non per colpa della droga.

Se Franchino non avesse incontrato l’eroina sarebbe stato diverso. Era bravissimo a calcio. Se avesse avuto la possibilità di giocare in una squadra sarebbe diventato un grande calciatore.

Giorgio Panariello si è salvato in tempo

Giorgio Panariello parla del fratello scomparso
Credit: Rai, Domenica In

Con gli occhi carichi di commozione, Giorgio ha raccontato della sua infanzia. Lui e Francesco sono cresciuti senza un padre ed erano convinti che i loro nonni fossero i veri genitori. Poi è tornato a parlare di Francesco, del libro scritto per lui e di quanto abbia rischiato lui stesso di finire nello stesso baratro:

Credit Video: ZV Notizie Celebrità – Youtube

Ho scritto il libro per Franco, perché tutti sapessero la verità. Nel corso della mia vita ho avuto la sua stessa disperazione ed anch’io ho rischiato di cadere nella trappola degli stupefacenti. Fortunatamente mi sono fermato in tempo.

Scrivere di noi è stata per me anche un po’ una terapia. Questo libro probabilmente non avrebbe avuto senso se la storia di mio fratello non fosse sfociata in quell’assurdo finale. Ho il rammarico di non averlo capito prima e di non essere riuscito a fare qualcosa per lui, prima che fosse troppo tardi.