Alberto Scagni: il movente dell’omicidio secondo gli inquirenti

La sorella era realizzata, aveva i soldi e una bella vita e lui era invidioso. Questo il movente di Alberto Scagni secondo gli inquirenti

Rancore ed invidia, questo il movente di Alberto Scagni secondo le forze dell’ordine, che lo avrebbe spinto ad uccidere la sorella Alice la sera dello scorso 1 maggio.

Il movente di Alberto Scagni

L’uomo di 42 anni continuava a chiedere alla famiglia sempre più soldi e alla fine tutti si erano rifiutati di cedere alle sue minacce. Alberto non aveva un lavoro e viveva alle spalle dei suoi genitori.

Secondo le ultime notizie riportate, sembrerebbe che l’omicida abbia ammesso davanti agli agenti il suo gesto, ripetendo che “Non poteva più vivere in quelle condizioni“. Durante l’interrogatorio si è però avvalso della facoltà di non rispondere.

Gli inquirenti credono che l’uomo sia stato spinto da una forte invidia nei confronti di quella sorella che invece si era realizzata, si era costruita una famiglia, un tetto sulla testa ed aveva un buon lavoro. Credono che quella sera si sia recato a casa sua per chiederle dei soldi e davanti al rifiuto di Alice, la rabbia abbia preso il sopravvento.

Il movente di Alberto Scagni

Durante le indagini, le forze dell’ordine hanno scoperto che Alberto Scagni viveva grazie ad un buono da 50 euro che la famiglia gli passava per fare la spesa al supermercato.

Le minacce di Alberto Scagni

Prima di fare del male ad Alice, la mattina dello stesso giorno, i genitori dell’assassino avevano chiamato il 112 per denunciare le sue minacce. Aveva telefonato a suo padre chiedendogli dei soldi e lo aveva minacciato di tagliare la gola a tutti. Sarebbe emersa proprio la chiamata con un operatore del 112, che avrebbe detto all’uomo di presentare la denuncia il lunedì successivo. Nessuno è intervenuto e la stessa sera Alberto Scagni ha ucciso la sorella Alice con 17 coltellate alla schiena e all’addome.

Il movente di Alberto Scagni

La madre dei due fratelli ha puntato il dito contro le autorità e contro il servizio d’igiene mentale. In alcune dichiarazioni ha spiegato che non era la prima volta che telefonavano al 112 per denunciare i comportamenti del figlio, che non riuscivano più ad aiutare.

La donna ha raccontato di aver anche chiamato il servizio di igiene mentale e di essere riuscita ad ottenere un appuntamento per un mese dopo. Il 2 maggio il figlio avrebbe dovuto sottoporsi ad una visita psichiatrica, il giorno precedente ha commesso il drammatico omicidio.