“Lei urlava e diceva che avevano già chiamato la polizia..”, il racconto di Giovanni Padovani su come ha ucciso Alessandra

Omicidio Alessandra Matteuzzi - Le parole dell'omicida Giovanni Padovani: "Lei urlava e io... ecco come ho ucciso Sandra"

“Mi sono sentito usato da Alessandra”, questa la giustificazione di Giovanni Padovani, dopo che ha ucciso con un martello la sua ex.

dichiarazioni Giovanni Padovani

Ha raccontato alle autorità di essersi recato dalla donna, a Bologna, i giorni precedenti. Aveva il sospetto che lo tradisse, perché stava iniziando ad aggiungere sui social i suoi amici calciatori e questo lui non poteva accettarlo.

Così ha staccato la corrente alla casa e l’ha aspettata ai contatori. Alessandra è scesa per controllare, con la paura, perché probabilmente sapeva di trovarlo lì. Hanno parlato e chiarito, hanno perfino consumato un rapporto. Un dettaglio che la stessa Alessandra Matteuzzi ha poi raccontato alla sorella, dicendole quanto fosse pentita. Una scelta forse fatta per paura di una reazione.

Giovanni Padovani gip

Dopo quel giorno però, la donna ha smesso di rispondere al telefono e Padovani si è rimesso in viaggio ed è tornato a Bologna.

Intorno alle 16:00, Giovanni Padovani ha nascosto il martello, che aveva nello zainetto e ha aspettato il rientro della donna. Quando l’ha vista scendere, si è avvicinato:

“Le sono andato incontro, mi sono messo un dito sulla bocca facendole cenno di non parlare. Ma lei urlava e diceva che avevano già chiamato la polizia. A quel punto mi è preso un raptus di rabbia. Ho preso il martello e l’ho colpita in testa, una volta, ma si è subito rotto. Così, dopo averla riempita di pugni e calci in faccia, ho afferrato la panchina e l’ho colpita con quella”.

Giovanni Padovani gip

Vicino al corpo di Alessandra Matteuzzi c’era uno spray urticante. Lo portava sempre con se perché aveva paura di Giovanni Padovani, come ha raccontato la sorella Stefania. Ma quel giorno non le è servito.

La donna di 56 anni aveva denunciato il calciatore di 27 anni ai Carabinieri, spiegando le molestie che era costretta a subire e le richieste che era costretta a soddisfare per il terrore di una reazione. Come quella di mandargli un video ogni dieci minuti, cosi che lui sapesse l’ora e il luogo in cui si trovava in ogni momento.