Massimo Crepaz, operaio 57enne, morto mentre lavorava sulla funivia

La procura di Belluno ha aperto un'indagine sulla morte di Massimo Crepaz, operaio delle funivie Arabba che svolgeva manutenzione

L’ennesima tragedia sul posto di lavoro è capitata nella giornata di ieri sulla Dolomiti, in provincia di Belluno. Massimo Crepaz, un operaio di 57 anni, assunto dalla società Funivie Arabba, è rimasto schiacciato mentre effettuava dei lavori di manutenzione sulla funivia che porta al rifugio Padon.

Morte sul lavoro di Massimo Crepaz

Si allunga la lista delle vittime degli incidenti sul lavoro in Italia. Nella giornata di ieri, in tarda mattinata, un operaio e padre di famiglia di 57 anni, ha infatti perso la vota mentre svolgeva il suo lavoro.

L’episodio si è verificato sulle dolomiti, su una delle funivie della società Arabba, per cui Massimo Crepaz lavorava da anni.

A riportare la dinamica di quanto accaduto, accertata dallo Spisal, il quotidiano Il Gazzettino.

A quanto pare l’operaio era in quote su un cavo per effettuare delle operazioni di manutenzione. Il moschettone e la fune a cui era assicurato sarebbe rimasto incastrato in un ingranaggio, che lo ha poi trascinato e schiacciato.

Morte sul lavoro di Massimo Crepaz

Sul posto sono subito intervenuti gli operatori del Soccorso Alpino e i Carabinieri. Necessario anche l’intervento di personale specializzato a bordo di un elicottero, che si è occupato del recupero della salma.

Il corpo del 57enne è stato poi trasportato sul Passo Fedaia e affidato ai Carabinieri, che ora conducono le indagini coordinati dalla Procura bellunese.

La rabbia per la morte di Massimo Crepaz

Morte sul lavoro di Massimo Crepaz

La morte di Massimo Crepaz ha sollevato per l’ennesima volte le polemiche sulla sicurezza del posto di lavoro.

Particolarmente duro il segretario generale della Cisl Belluno Treviso, Massimiliano Paglini, che ha dichiarato:

Una conta infinita di morti caratterizzata da negligenze e superficialità. Servono procedure di sicurezza più severe per la manutenzione degli impianti e per tutti i cantieri, così come regole e pene più rigide per punire i responsabili delle morti e degli infortuni. Se sarà appurato che alla base della morte dell’uomo che stava lavorando su un palo della seggiovia vi è stato un errore di comunicazione, ci domandiamo quale sia il valore della vita umana di un padre di famiglia di 57 anni che non farà più rientro a casa. Nell’era della comunicazione globale, non è accettabile che si possa morire per carenza di comunicazione tra soggetti che operano nello stesso cantiere, così come sono intollerabili negligenze, leggerezze o fretta nell’effettuare le operazioni di manutenzione, magari per esigenze di risparmio di tempo e di costi da parte delle aziende“.