Parma: supplente condannata dopo aver rimproverato gli alunni che hanno imbrattato il bagno di feci

Insegnante di una scuola a Parma condannata a un mese e 20 giorni di reclusione con l'accusa di "abuso di mezzi di correzione"

Una supplente è stata condannata a un mese e 20 giorni di reclusione dopo aver rimproverato gli alunni i quali avevano imbrattato di feci i bagni della scuola. Questa è la storia di un’insegnante 60enne dell’istituto comprensivo di Fornovo di Toro a Parma. Scopriamo insieme cosa è successo nel dettaglio.

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Nell’istituto comprensivo di Fornovo di Toro a Parma, una collaboratrice scolastica si era lamentata perchè i bagni erano imbrattati di feci. Alla luce di questo, un’insegnate 60enne ha sgridato i suoi alunni che all’epoca frequentavano la quinta di una scuola primaria.

I richiami della maestra, che al momento dell’episodio si trovava nella classe dopo che le erano state assegnate qualche ora di supplenza, sono stati fatali per la sua carriera. I genitori degli scolari hanno subito esposto denuncia. Nonostante l’accusa abbia richiesto l’assoluzione, la 60enne è finita a giudizio con l’accusa di “abuso di mezzi di correzione”.

Ad oggi la diretta interessata ha ricevuto una condanna pari a un mese e 20 giorni di reclusione. A parlare in merito alla vicenda è stato il sindacato Gilda degli insegnanti di Parma e Piacenza, attraverso il suo coordinatore Salvatore Pizzo. Queste le parole:

Semplicemente si è comportata come ogni adulto avrebbe fatto.

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Parma: le versioni della maestra e degli alunni

La maestra e gli alunni coinvolti hanno dato versioni differenti in merito all’episodio. La prima ha sostenuto di essersi limitata a sgridare gli studenti per il gesto di cattivo gusto compiuto. Invece i secondi hanno racontato ai genitori di aver ricevuto insulti da parte della supplente. Da qui, i genitori non ci hanno pensato due volte a recarsi dai carabinieri per esporre denuncia.

“Abuso dei mezzi di correzione”, questa è l’accusa con cui hanno aperto le indagini per l’insegnante. Tuttavia, il rappresentante della pubblica accusa aveva richiesto l’assoluzione poichè il fatto non sussite. Malgrado questo, il giudice ha preso i suoi seri provvedimenti condannando la donna a un mese e 20 giorni di reclusione.